Mostre, Brescia, 29 September 2018
Galleria ab/arte, dal 29 settembre al 27 ottobre 2018
Brescia, Vicolo San Nicola, 6
da giovedì a sabato 9,30 - 12,30 e 15,30 - 19,30

A cura di Andrea Barretta

Va dato atto a Tiziano Calcari l’aver tratto dal realismo esistenziale una pausa in cui strutturare opere che mostrano dettagli di una versatilità da cui emergono lacerti di figurazione o immagini inesistenti. E scava nell’identità per coltivare il dialogo con un approccio al concetto che non sia solo un’idea come contenitore dell’utopia ma un non luogo con le suggestioni dell’immaginifico nella poetica anticonformista.

Tiziano Calcari comprende di non doversi più riferire a un modello ma all’immaginario, pur restando forme e colori ma dipinti in modo nuovo, mentre le geometrie segnalano varianti interessanti. Ne deriva una pittura positiva, nitidezza del colore e sfumature, illusione e paesaggio onirico, esaltando impronte semplici a sunteggiare una diversa specifica per sfuggire alla figura ma anche all’astratto, e trovarsi in un confronto con l’altro da cui nasce l’opera d’arte, come a dire guardate alla luna e non al dito che la indica. E cerca un approdo per soluzioni di significanti visivi, per un’umanità che muta valori e naufraga nel mare tempestoso del quotidiano, per sovvertire un contesto culturale che non consente di salvare la bellezza, mentre nei suoi quadri si affacciano figure sempre più ieratiche, quasi nascoste come limitazione del vivere. Stanno immobili, si stendono come steli e ci guardano frontalmente, ci dicono qualcosa con il silenzio: avanza la parola taciturna mentre lo sguardo senza volto penetra e cattura, e in un istante sorge il turbamento, l’enigmatico quesito della domanda: qui o altrove la bellezza desiderata?
Allora, scrive il critico d’arte e scrittore Andrea Barretta, “la sua pittura è un mezzo alla mancanza di denuncia sociale, e se il Sessantotto è stato lo spartiacque di una tradizione non più immutabile, sinonimo oggi di ribellione, ecco che il nostro artista cinquant’anni dopo esalta l’arte nell’annullarla, nel dipingere paesaggi o figure e poi coprirli come per una mestica sulle pareti di una vecchia casa, nella simbologia di una valenza filosofica del vero per appropriarsi del reale. Emerge il frutto di stratificazioni per quel tanto che svela e quel tanto che nasconde, che Calcari assesta come mutamento di una società deteriorata, e nei lavori datati nel suo ultimo ciclo invita a un viaggio straniante nel denaturare la pittura per astrarre dal colore, oltre il grigio, lo stato puro che li somma tutti, ossia il bianco, come luogo del tutto o del niente”.

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