Mostre, Reggio Emilia, Gualtieri, 15 May 2021
Con il trionfo del film “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti ai David di Donatello 2021 – miglior film, miglior regia e miglior attore protagonista a Elio Germano nei panni di Antonio Ligabue, oltre ai riconoscimenti per migliore autore della fotografia, migliore scenografia, migliore acconciatore e migliore suono – sabato 15 maggio apre al pubblico con rinnovato entusiasmo la mostra “Ligabue, la figura ritrovata. 11 artisti contemporanei a confronto”, allestita nel Salone dei Giganti di Palazzo Bentivoglio a Gualtieri (RE) a partire da un nuovo corpus di opere di Antonio Ligabue, raccolte e selezionate da Francesco Negri.
Per la prima volta nella sua storia, la Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri (RE) si apre agli artisti del presente, presentando un inedito confronto tra Antonio Ligabue ed undici artisti contemporanei invitati dai curatori Nadia Stefanel e Matteo Galbiati – Evita Andùjar, Mirko Baricchi, Elisa Bertaglia, Marco Grassi, Fabio Lombardi, Juan Eugenio Ochoa, Michele Parisi, Ettore Pinelli, Maurizio Pometti, Giorgio Tentolini e Marika Vicari – capaci di connettere, attraverso la potenza dell’immaginazione, la realtà che conosciamo con un altrove denso di mistero e di speranza.
Grazie al rapporto costruito negli anni, insieme al padre Sergio, con i numerosi collezionisti di Ligabue, Francesco Negri ha avuto la possibilità di proporre per la mostra sedici opere di grande valore, tra le quali “La leonessa con zebra” del 1958-59, che costituisce una prima assoluta per Gualtieri, non essendo stata presente nemmeno nell’antologica del 1975. Il percorso espositivo comprende, inoltre, il piccolo “Autoritratto” del 1940-42, tra i primissimi realizzati dall’artista all’inizio del suo secondo periodo artistico, ed alcuni dipinti provenienti da precedenti importanti collezioni, come “La lotta di galli” del 1958-59 e l’“Aratura” del 1944-45, appartenuti rispettivamente a Walter Chiari e Romolo Valli.
L’immagine guida della mostra è una “Figura di donna” del 1953, abbondante nelle forme, tipica dell’Emilia del benessere post-bellico, ma anche vicina alle Veneri paleolitiche (come la “Venere di Chiozza”, ritrovata nelle zone di Scandiano nel 1940). Un’opera di grandi dimensioni che costituisce, come spiega Nadia Stefanel, consulente artistico della Fondazione Museo Antonio Ligabue e co-curatrice dell’esposizione, «una sorta di pubblicità ante litteram», in quanto realizzata per una ditta del territorio che produceva impianti di irrigazione, ma anche la sintesi della «potenza attrattiva di ciò che è sempre mancato a Ligabue, una donna, per essere contraccambiato in quell’amore mai corrisposto di una vita».
Agli artisti invitati, i curatori hanno chiesto di porsi in dialogo con le opere di Ligabue, testimonianza di un percorso in cui la figura, in una prima fase caratterizzata da una precisa connotazione, viene successivamente sottoposta ad una estrema sintesi, fino a dissolversi nel colore.
«Accanto alla figura di Ligabue – dichiara Matteo Galbiati, storico dell’arte, docente e co-curatore – abbiamo voluto riunire alcuni giovani artisti che riflettessero, approfondendoli, anche a distanza, le sue stesse suggestioni; che avessero espressività fondate sugli stessi gangli sensibili. La scelta di questi artisti ha guardato, allora, con precipua attenzione alla specificità delle loro ricerche che, senza condizionamenti o scelte d’occasione, hanno sempre posto l’essenza della loro visione proprio sull’animo come centro di valore per le loro esperienze estetiche. Il tema e il concetto di figura rappresentata è il mezzo per oltrepassare l’immediatezza del resoconto visibile e lasciar affiorare la tensione e la passionalità di immagini che trasfigurano esperienze comuni e condivise».
Il percorso espositivo si articola in due sezioni: la prima si sviluppa intorno all’energia epidermica, carnale e fisica del colore e del suo realizzarsi attraverso il farsi concreto nella pittura (Andùjar, Baricchi, Grassi, Pinelli, Pometti); la seconda pone l’accento sul potere trasfigurante dell’arte, che coglie l’immagine nell’istante in cui diventa memoria, sogno, miracolo, apparizione, fissandola prima di una sua inesorabile sparizione (Bertaglia, Lombardi, Ochoa, Parisi, Tentolini, Vicari).
Le rappresentazioni pittoriche, attraverso cui Evita Andújar (Écija, Spagna, 1974) esprime la sua poetica, riflettono le molteplici sfaccettature della nostra ordinaria quotidianità. Le protagoniste, dai lineamenti sfumati e dispersi e dai volti disgregati, si sciolgono senza lasciare traccia della propria identità, dando vita ad immagini sfocate fatte di imprecisioni volute, che amplificano una percezione evanescente e a tratti alterata della realtà.
Con Mirko Baricchi (La Spezia, 1970) ci ritroviamo proiettati in un’atmosfera onirica, tra colori con richiami boschivi e intrecci vegetali. La dimensione lirica è data dal fascino, dall’incanto e dal mistero delle sue opere, in gradazioni che sfumano dai toni della terra alle tonalità del rosso rugginoso e spento, dai verdi malati ai bruni calmi e pacati, tra luci e ombre, in ambientazioni che restituiscono cicatrici dei nostri ricordi più profondi.
La leggerezza e la trasparenza degli elementi creano un’atmosfera onirica potente, una testimonianza costruita da Elisa Bertaglia (Rovigo, 1983) su metafore e simboli della natura che risuonano come un canto ancestrale rimbombante nella più profonda interiorità umana. Bertaglia costruisce un percorso di ricerca e sviluppo di una identità e consapevolezza libera e personale, in cui si esplorano gli aspetti più reconditi dell’immaginazione.
Attraverso l’inaspettata combinazione armonica di decorazione e iperrealismo, due dimensioni che sembrano incontrarsi incidentalmente, Marco Grassi (Milano, 1966) ci permette di assistere al superamento dell’arcaica concezione di ritratto, regalando all’osservatore la possibilità di dare vita a un dialogo silenzioso con le tacite, ma vibranti, figure protagoniste dei suoi dipinti.
Fabio Lombardi (Gavardo, Brescia, 1993) si focalizza sulla decadenza in tutte le sue forme per renderla consapevole testimonianza della natura umana. Alcune figure si costruiscono o si decompongono, tra ombre e luci, talora annullate, talora affermate in un equilibrio instabile tra presenza e assenza.
La pittura di Juan Eugenio Ochoa (Medellin, Colombia, 1983) si prefigura come atto di memoria. I volti rappresentati attraverso la stratificazione, le trasparenze, il mistero ed il vuoto sono caratteristiche essenziali per richiamare l’uomo al sogno. I soggetti dei suoi lavori, dalla fisicità indefinita, per mezzo di una stratificazione pittorica di velature, appaiono fantasmi incorporei enfatizzando il senso, a tratti mistico, che aleggia intorno alle immagini e le colloca in uno spazio etereo, esprimendo la condizione umana mutevole e fragile.
La genesi dei lavori di Michele Parisi (Riva del Garda, Trento, 1983) prende vita da un misto di interessi che, portandolo a muoversi tra fotografia e pittura, dà così vita ad un linguaggio personale e intimo. Il dato vero fotografico e il dato fittizio immaginifico istituiscono tra loro un misterioso ed evocativo legame che, come il ricordo, apre a rappresentazioni lontane che si associano, stratificandosi e generando attimi eterni.
Nel secolo delle immagini, la televisione, il web e i giornali sono fonti inesauribili di rappresentazioni di conflitti, scontri e momenti di guerriglia, che divengono i temi principali tramite i quali Ettore Pinelli (Modica, Ragusa, 1984) conduce un’analisi antropologica finalizzata ad indagare gli aspetti più istintivi dell’uomo. L’artista attinge da fotografie e fatti di cronaca, che divengono strumento di ricerca oltre che fonte di spunti visivi ed emblema della realtà nella sua autentica e spiazzante verità.
La produzione artistica di Maurizio Pometti (Catania, 1987) risulta delicata e ricercata, ma allo stesso tempo notevolmente tormentata, ripercorrendo scene familiari e della sua infanzia che hanno luogo in ambientazioni cristallizzate in un istante infinito, il quale porta con sé sentimenti, sensazioni e reminiscenze passate che affiorano nel presente.
Giorgio Tentolini (Casalmaggiore, Cremona, 1978) sembra faccia dello sfocato, della dissimulazione e del gioco chiaroscurale i capisaldi della sua poetica. Partendo da uno studio prettamente fotografico trasforma gli attimi catturati dallo scatto in opere che, a prima percezione, risultano bidimensionali. In realtà, i suoi lavori nascono dalla stratificazione di livelli di materiale, approdando in una tridimensionalità creando un vero e proprio bassorilievo in negativo.
La delicatezza dell’acquerello, nelle opere di Marika Vicari (Vicenza, 1979), sembra fondersi con la rigidità della grafite nera, dando vita a un forte contrasto inaspettatamente armonioso e lirico. Il bosco sembra uscire da una dimensione favolistica privata dei suoi personaggi, immobile e sospesa in un tempo parallelo. È proprio l’assenza di figure in queste poetiche rappresentazioni che acuisce quel senso di malinconica solitudine che si prova guardandole, pur restandone incantati.
Attraverso gli undici artisti presenti si propone un altro modo per leggere la “figura” – dell’uomo e del suo ambiente – che, accompagnandosi alla semplicità vera di Ligabue, sa riconciliare il nostro sguardo con presenze che sanno ritrovare se stesse e il proprio essere al di là del tempo.
“Ligabue, la figura ritrovata. 11 artisti contemporanei a confronto” – concludono Mattea Gialdini e Renzo Bergamini, rispettivamente Assessora alla Cultura e Sindaco del Comune di Gualtieri – è «un’esposizione museale che si anima e si veste dell’oggi», una nuova proposta di lettura ma anche una sfida accettata da parte dell’Amministrazione comunale, supportata dalla competenza e dalla professionalità di tutte le persone coinvolte.
Promossa dal Comune di Gualtieri e dalla Fondazione Museo Antonio Ligabue, la mostra è realizzata in collaborazione con Regione Emilia-Romagna e Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia Pietro Manodori, con il contributo dei Soci della Fondazione Museo Antonio Ligabue – EmilBanca (main sponsor), Boorea, Coopservice, Landi Renzo –, di Apart Art Advisory e Padana Tubi.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo Vanillaedizioni con i testi istituzionali, i testi dei curatori ed un ricco apparato iconografico. I pannelli di sala che introducono il visitatore alla ricerca degli artisti contemporanei, così come le schede presenti nel catalogo, sono realizzati dalle studentesse del corso di “Didattica dei Linguaggi Artistici” (prof. Matteo Galbiati) dell’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia.
La mostra sarà ufficialmente inaugurata sabato 15 maggio, alle ore 17.00, sotto il portico aperto antistante Palazzo Bentivoglio. Accesso al museo solo su prenotazione: sabato ore 10.00-13.00 e 15.00-19.00, domenica e festivi ore 10.00-19.00. Per informazioni e prenotazioni: T. +39 0522 221853, M. +39 349 2348333, info@museo-ligabue.it, www.museo-ligabue.it.

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