presso The Jambo Art 2014.Padiglione 25 di BolognaFiere dal 6 al 8 giugno 2014,
Questa esposizione, nata nel 2008, ci incastra a un concetto di arte che non nasce per riconoscere, bensì per conoscere. L’arte concepita non tanto per scoprire realtà dimenticate, ma per trasformare un pensiero.
E Federico Fistarol si siede li.
In quel punto dove il pensiero non è più indefinito e fosco e il prodotto non è ancora compiuto. Si siede in quello spazio sospeso, lo ingrandisce con una sua immaginaria lente d’ingrandimento e osserva cosa succede, prima che un pensiero diventi prodotto, prima che una forma diventi un’idea.
E in questa incubazione palpitante, si muove un cosmo, dove forme ancora senza identità gareggiano, ognuna alla ricerca della propria funzione. Forme che si rincorrono e si ripetono, ritmate e subordinate a una ridondanza che le aiuta a entrare in confidenza e quindi a legarsi.
Forme che volteggiano come acrobati in bilico su un universo dalle infinite potenzialità,
ed esplorando, sembrano tacitamente chiedersi cosa diventeranno, quale idea rappresenteranno. E ancora forme, dall’apparente silhouette di un ladro che ci ricorda l’imprevedibilità di un’idea rubata o sfuggita.
L’artista da vita alle sue FORME dettato dalla materia utilizzata: la iuta, grezza, primordiale e filamentosa, terreno fecondo nel quale fioriscono le figure, impulsi in cerca di associazione.
L’immaginazione dell’artista inciampa nelle pieghe della iuta, e si fa condurre da essa, e
questa spinta generatrice non si manifesta solo visivamente ma anche a livello sensoriale, in un tutt’uno che per questo pare talvolta di poter toccare.
L’uso della iuta graffia le forme e conferisce ancora maggior arcaicità alle scene.
In un secondo momento, l’artista riunisce queste corporature per confinarle dentro la loro identità, dentro al perimetro di un fotogramma, fornendo la sua personale cornice attraverso lo scatto fotografico.
Federico Fistarol si serve di questo vocabolario per dare vita a un’idea che ha urgenza di manifestarsi, ma che al contempo non può fare a meno della sua gestazione. E’ in questo spazio che il processo stesso si fa prodotto, che l’indefinito gradualmente si compie, alla ricerca di un equilibrio che alla fine risulta perfetto.
Giulia Rinaldi
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