Marcel Proust
Come dei teatrini fantastici, delle finestre che spostano lo sguardo verso visioni gioiose e giocose, i lavori proposti da Federica D'Ambrosio (Salerno, 1982)mostrano un viaggio tra le magie chiare dell'infanzia con lo scopo di orientare la bussola della creatività lungo coordinate visive che prendono per la coda il sogno e permettono una serie di fioriture primaverili, di croccanti raccordi cromatici, di morbide combinazioni linguistiche. Dalla ceramica al collage, dal disegno alla decorazione, dall'illustrazione alla scrittura, D'Ambrosio mette in relazione tecniche e materiali di differente natura per fonderle in un unico ambiente, in un'atmosfera che invita lo spettatore a perdersi tra forme e figure della puerizia (in cui tutto è singolare e maraviglioso), tra scommesse estetiche che si pongono come riflessioni fantastiche, come lapsus educati, come dislessie visive e calembour che rendono più accattivanti gli spazi di lavoro, i piccoli ma incisivi teatri pensili da attraversare con il pensiero, con un caro immaginar (Leopardi) elegante e a tratti tangibile con il solo balocco dello sguardo. I suoi sono preziosi esercizi d'immaginazione, unità creative che si sviluppano secondo uno schema che reagisce al visibile con un pensiero a piede libero mosso dal desiderio di trasformare il banale quotidiano in impegno costruttivo, in dinamica progettuale, in congegno che sollecita la creatività.
Seguendo queste traiettorie D'Ambrosio presenta via via un mondo incantato che se da una parte mostra il calore dell'intimità e una gustosa maglia creativa tesa a cucire in uno stesso habitat analogie, significati e sogni personali, dall'altra presenta una leggerezza narrativa aperta alle contrade della letteratura per l'infanzia, a trovate semiotiche che deragliano dai sentieri della ragione con lo scopo di ridare potere e valore alla funzione esperienziale dell'immaginazione.
Una mano rossa legata ad alcuni aquiloni e a fragili simboli d'inchiostro (Viaggio tra le linee di una mano, 2014), tre pesci spaziali in ceramica e carta che viaggiano attorno alla luna (Viaggio lunare, 2014), quattro scalette che spingono lo sguardo verso forme infantili – una nuvola, una casetta rossa, una capretta, la coda di un pesce – avvitate all'estremità superiore degli staggi (Viaggio fatto a scale, «c'è chi scende c'è chi sale», 2014), dieci seggiole solitarie e pazienti (Sala d'attesa, 2014), la sagoma di un uovo montata sotto un cielo argentino (Cosmoviaggio, 2014). Assieme ad una Cometa ISON C/2012 s1 (2014) che si presenta come un tenero astro e che richiama alla memoria le dinamiche silenziose del piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry (di un racconto nostalgico in cui la morte si appiccica delicatamente alle cose per far precipitare il lettore nella vertigine d'una incantata realtà), rappresentano il ricettario di un nuovo e avventuroso viaggio nell'immaginario quotidiano, di un racconto tenue, di un itinerario linguistico che interrompe lo spettacolo della vita per proiettare tra le distanze diverse di una barchetta di carta bagnata dalla tenerezza azzurra della nostalgia.
di Antonello Tolve
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