di Carlo Maria Nardiello
C’è ancora bisogno di un’arte che si definisca Pop nel 2017? Dal clamoroso avvento della Pop Art, battezzata dalla XXXII Biennale di Venezia nel 1964, ad oggi è stato un fiorire continuo ed ininterrotto di materiale ascrivibile alla corrente di marca squisitamente statunitense. L’inevitabile “piena” di un repertorio che negli anni ha rischiato di esautorare la creatività artistico-visiva di buona parte dell’Occidente può dirsi in parte rimarginata. Eppure il richiamo esplicito a colori, forme, tecniche e tematiche propriamente Pop esercita ancora un certo magnetismo in chi, fedele ad un sentimento d’amore per il Novecento artistico, sceglie di affidarsi a quest’insieme di linguaggi e “insinuazioni”, che da Rauschenberg in poi non si è mai del tutto estinto.
Devoto postulante del credo figurativo del secondo Novecento è Fulber (Fulvio Bernardini, Trento 1959), fumettista e artefice di tele citazionali, vere e proprie voci del verbo Pop di un ideale dizionario d’arte. Sfogliandone le varie pagine prende vita un gioco di riconoscimenti e di richiami immediatamente identificabili, che contribuiscono ad arricchire il materiale e l’immaginario comune e trasversale per chiunque abiti la modernità, in virtù dell’enorme (a tratti imparagonabile) diffusione delle immagini Pop attraverso qualsiasi mezzo, dalla televisione all’editoria, dalla grafica al design, dalla pubblicità alla letteratura. Circoscrivendo i propri lavori all’interno di questo insieme, Fulber riesce a rifuggire l’intraducibilità dell’opera d’arte: la realtà quotidiana fruita è il risultato di un’esasperazione nella quale è facile rispecchiarsi. L’imagerie commerciale, certo lontana da quella del 1964, viene ricontestualizzata dall’artista di Trento a vantaggio di un oggetto destoricizzato e superstite di un bombardamento grafico e iconografico, moltiplicato infinite volte. Nel codice pittorico firmato Fulber i simboli (Picasso, Haring, Basquiat, Lichtenstein) divengono materiale di consumo offerto in pasto all’occhio dell’osservatore.
La Popower, il potere dell’arte Pop, non ha ancora bruciato il potenziale espressivo, visionario e profetico degli anni Sessanta. Certo, nel corso dei decenni ha subito una lunga serie di ricariche, come Fulber dimostra nei suoi anni di lavoro e nella sua ricerca continua di totem da innalzare al culto della contemporaneità. Le implementazioni creative di Fulvio Bernardini costituiscono un arricchimento del già vasto (e congestionato) scenario della cultura Pop: attenzione, tuttavia, a considerare quest’ultima come un corpo immutabile, da osservare nostalgicamente. Fulber mostra la duttilità del panorama contemporaneo che, quando posto in dialogo col passato, mutua costantemente un sempre nuovo codice espressivo di inesauribile fertilità, aperto alle molteplici implicazioni e declinazioni future.
IL RIVISITISMO DI FULBER, I SENTIERI DI ROY | Fulvio Bernardini dal 22 al 26 giugno 2017 Presso Micro | Spazio Porta Mazzini Roma Viale Mazzini 1
Nella Foto: Fulber intervistato da Francesca Barbi Marinetti
https://www.youtube.com/watch?v=NiKLUTvJzd8
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