Palazzo S. Bernardino - Rossano (CS)
Spazioeventi Mondadori, San Marco - Venezia.
a cura di Settimio Ferrari e Francesca Londino
OPENING: Sabato 19 giugno 2010 dalle 18.00
ARTISTI IN MOSTRA
Angelo Barile - Michele Bono - Maurizio Cariati - Linda Carrara - Delya Dattilo - Debora Fede - Diego Dutto – Dellaclà - Damiano Fasso - Gavino Ganau - Mario Loprete - Francesco Liggieri - Ilaria Margutti - Sabrina Milazzo - Jara Marzulli - Andrea Riga - Matteo Tenardi - Angelo Volpe
Creature urbane in bilico tra lo smarrimento e la riconquista dell’identità individuale. Qui l’arte visiva non smette di rincorrere la realtà: ed ogni volta qualcosa le resta tra le mani.
Urban Creatures
è il titolo della mostra itinerante ospitata nel progetto artistico culturale “Arcanum Naturae”, a cura di Francesca Londino e Settimio Ferrari, patrocinato dal Dipartimento Politiche dell'Ambiente della Regione Calabria e dal Comune di Rossano.
La mostra riunisce 19 artisti emergenti sulla scena nazionale o internazionale che esplorano la meccanica sociale contemporanea e le sue conseguenze sulla vita dell’individuo.
La loro indagine sugli spaccati sociali ed emozionali di quella che per alcuni aspetti viene definita “epoca delle passioni tristi”, le loro riflessioni sulle tensioni e le contraddizioni che si nascondono sotto i toni smaglianti di una società complessa, secolarizzata e disorientata, la loro attenzione verso un paesaggio umano e, si suppone, urbano offrono allo sguardo un momento speleologico in cui il rigore analitico sembra aver avuto un incontro felice con la rabdomanzia. Una cornice in cui si rimane in balia di opere che esprimono un lucido e complesso dialogo/soliloquio su una contemporaneità che non ammette certezze. Il senso di visionarietà di Linda Carrara che presenta i soggetti del suo sguardo in uno stato di percezione incerta,come apparizioni indistinte colte attraverso la penombra, la poetica discesa demoniaca intrapresa da Mario Loprete nei quartieri neri delle metropoli statunitensi, scansati dal conformismo quotidiano, per raccontare la violenza continua che tutti subiscono nei rapporti interpersonali, le immagini di Gavino Ganau apparentemente sorde ma capaci di penetrare nei nostri recessi e di risuonare, sottratte al flusso incessante della comunicazione, i valori dell’installazione utilizzati da Dellaclà per creare quella distanza necessaria alla fruizione di immagine che l’osservatore accoglie con la nostalgia di qualcosa che si è perduto creano un’atmosfera che conferisce alla mostra un’intensa stimolazione visiva. Colpiscono in questo senso anche la silenziosa teatralità che emerge nei dipinti di Matteo Tenardi, dove figure singole e isolate, in bilico tra tensione interiore e reale indifferenza, sembrano voler uscire dal rettangolo creativo che le tiene prigioniere; il senso di enigmatica sospensione, capace di evocare drammatiche risonanze che caratterizza l’opera di Andrea Riga, densa di rimandi alle debolezze e alle lacerazioni del tessuto sociale contemporaneo; la deformazione prospettica, estroflessa dei volti dipinti, visti come da un fish eye, di Maurizio Cariati. Volti in cui l’artista coglie una sorta di dolce e catatonica belluinità, che rinnega gerarchie e classificazioni.
All’universo femminile contemporaneo, per poterlo indagare, leggere e raccontare come nuova possibilità di immagine e di senso si rivolgono le immagini di Jara Marzulli, schegge di dolore che rimandano alla ricerca del Sé perduto. Le figure di Ilaria Margutti, avvolte dalla stesso silenzio e concentrazione che caratterizzano il tempo lento e meditato necessario al lavoro di pittura e ricamo che le ha create, si definiscono nel gioco tra fili e luce che vi si compie sopra. Ipnotizzano lo sguardo per l’intensità cromatica le opere di Angelo Volpe che raffigurano cartoon girls dal forte appeal visivo, simbolo dell’attuale mercificazione mediatica del corpo femminile.
Un linguaggio fumettistico ironico e colorato caratterizza anche l’opera di Michele Bono che produce storia, distruggendo l’aura degli anti-eroi e dei falsi idoli della nostra contemporaneità.
Il lavoro di Francesco Liggieri si presenta come una grande composizione di ritratti affiancati in una sorta di quadreria. L’opera si trasforma così in un organismo complesso che rimanda ai legami liquidi nell'era dei social network. Sulla natura dei sentimenti umani indaga anche Sabrina Milazzo, concentrando la sua attenzione sulla sensualità dei corpi di una giovane coppia. Corpi che s’intrecciano, mani che toccano, sfiorano, cercano…
L’occhio di Angelo Barile è attento al mondo dell’infanzia, un’infanzia figlia dell’immagine, che respira le incertezze del presente, affondando in un indeterminato smarrimento, tra innocenza e perversione. Le immagini di Delya Dattilo, inserite all’interno di bianchi tabernacoli modulari, dalle geometrie dolci, sono punti di appiglio per proiettare l’infinito cosmico che è dentro di noi. Debora Fede accorda l’immagine della realtà, della scrittura e della fotografia in un unicum suggestivo e malinconico che si verifica e si rivela soltanto nel momento in cui è esibito. Le sculture di Diego Dutto sembrano il ponte, la traccia di un processo di trasformazione dagli esseri viventi alle forme meccatroniche, ovvero l’esperienza dialettica di una conoscenza estetica che riscrive il codice della vita tra il naturale e l’artificiale. Il futuro cibernetico che insidia il presente affascina anche Damiano Fasso che propone un’installazione che trasforma l’uomo in un ambiguo e inquietante ente inorganico, privo di peso e di carnalità, intrappolato nella logica ferrea della tecnologia avanzata.
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