L’opera d’arte che crea, il cui merito principale deve esser l’originalità, è sempre come la definiva Zola: un luogo della creazione vista attraverso un temperamento. L’affermazione ben si sposa alle opere di Bruna Lanza, artista con ispirazione di forte intonazione lirica e con una carica gestuale che ne sancisce l’autenticità attagliandosi in modo particolare all’attuale produzione, a coronamento di un lungo periodo di attività felice e intensa. Un arco di tempo con performance espositive e mostre importanti quali fra le altre alla Casa di Cultura Cibernetica di Montecchio Maggiore, alla San Silvestro di Vicenza, a Milano al Museo della Permanente, al Museo di Arte e Scienza, alla Fondazione D’Ars, a Bassano del Grappa a Palazzo Guadagnini-Studio notarile Fietta,a Stra al Museo Nazionale di Villa Pisani con la Regione Veneto e il Ministero dei Beni Culturali, e l’itinerante statunitense nel 2008-9. Un circuito questo ultimo che, partito da Miami e conclusosi a New York al Micro Museum, vedeva la pittrice bassanese nel novero degli artisti scelti da EUART, promotrice della rassegna inaugurata dal Console Generale d’Italia Liborio Stellino che presentava talenti nuovi e nomi molto affermati.
Da allora l’artista vicentina a bordo della “navicella del suo ingegno”, ha introdotto il distillato delle sue captazioni dai soggiorni suoi e viaggi in altri lidi, cogliendo dalle differenti etnie e paesaggi metropolitani o agresti o montani oppure marini il nettare di luoghi e antropologie per alimentare le creazioni cui con rinnovata sensibilità e vigore ha posto e pone mano.
Ci si spiega allora dell’energia emanata specie dai suoi quadri più recenti pervasi da bagliori talora improvvisi e manifesti, tal altra con cromie filtrate da velature e trasparenze che competono con i sortilegi d’una natura variegata di sfumature o con accensioni di colori metallici dei centri urbani dove l’uomo si è insinuato con rispetto. Fra le altre doti peculiari eccelle una spazialità fatta di tinte vibranti con alternanze di pieni e vuoti (che non sono mai assenza di vita e dunque di colore) con pause e ritmi che si traducono in sinfonie di movimento e luce. Ne escono queste opere di astratta bellezza, quindi prive di riferimenti iconici, ma rappresentative di uno slancio vitale che esclude qualsivoglia forzatura, specchio di un amore inesausto per l’arte e la cultura, a conferma di quanto dicono i grandi saggi del XXI secolo: “E’ la Bellezza che salverà il mondo”. / Marica Rossi
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