arte commerciale

Video, Politico/Sociale, Solo audio, 7:16
La nostra ricerca registra la cronaca di una fallita provocazione. Abbiamo iniziato la nostra esperienza come collettivo immaginando che l’arte non fosse altro che un settore della società, con le sue professionalità e il suo essere immersa nel Mercato. Pensando che, parafrasando Debord, “(l’arte) non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra le persone, mediato dalle immagini”. Mai avremmo pensato di avere ragione.
“Per quanto riguarda l'arte, è noto che alcuni suoi periodi d'oro mancano di qualunque rapporto con lo sviluppo generale della società e perciò anche con le basi materiali, l'ossatura, della sua organizzazione” diceva Marx nel 1857 e tanto ci sembra oggi, a progetto concluso. Come qualunque libretto d’ istruzioni per l’uso di un elettrodomestico, possiamo dire che “Essere artista non è mai stato così facile e piacevole”.
Pensavamo a una qualche reazione arrabbiata per il nostro “Manifesto per un’arte commerciale” e non immaginavamo, invece, che il fastidio per la posa d’artista e per il sublime romantico portasse molti artisti ad accogliere le nostre tesi come una liberazione o comunque come un motivo d’interesse. Né, soprattutto, che alcune gallerie ci accogliessero.
“L’arte, fortunatamente, è un mercato e noi divinizziamo la prima perché abbiamo divinizzato in primo luogo e soprattutto il secondo” diceva Regis Debray. Ora che l’arte, se ha ancora un eccedente rispetto alle regole del Mercato, è lasciata al gusto di persone pagate dal Mercato stesso, non ci vergogniamo più di essere in Lui immersi.
Abbiamo scritto il Manifesto come esperienza liberatoria, lo abbiamo diffuso con i mezzi usuali nel Mercato (blog, mail, social network) cercando gli interlocutori in maniera totalmente anarchica tramite gli archivi trovati su siti internet specializzati o scavando nelle nostre librerie. Esiste una misura del risultato del nostro lavoro? Forse no, però abbiamo i dati del nostro blog: in tre mesi 1800 contatti, di cui 100 dagli USA, 66 dalla Germania, 21 dal Regno Unito, 20 dalla Federazione Russa, fino ad arrivare ai contatti di Singapore e Sud Africa.
Il nostro Manifesto è come il filosofo di Merleau-Ponty che “si riconosce dall'avere inseparabilmente il gusto dell'evidenza e il senso dell'ambiguità”. Ambigua ed evidente è stata anche la performance che abbiamo tratto da questa esperienza, quasi un lavoro barocco sull’arte e il suo Mercato. Il progetto, presentato a Udine in una collettiva (ricomincio da te), è composto da : un’installazione audio con lettura di alcune delle risposte giunte al manifesto (anonimi i lettori, con voce deformata, anonimi gli autori); la diffusione al pubblico dell’inaugurazione del Manifesto da parte di un clochard ingaggiato per l’occasione, la vendita di un Cd con l’audio in varie versioni a un prezzo simbolico. L’arte commerciale non dev’essere per forza costosa, ma accessibile.
Diceva Sartre: “Lo sai, mettersi ad amare qualcuno è un'impresa. Bisogna avere un'energia, una generosità, un accecamento. C'è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa”. Noi vorremmo estendere l’esperienza e produrre un movimento partecipato che sappia fare un salto con amore nel Mercato. E dunque Saltate!
E, per le prossime esperienze, visto che in fondo la nostra biografia inizia da qui, come dice Natalia Molebatsi “catch me if you can”.

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Commenti 4

vedi tu
12 anni fa
vedi tu Artista
donare gratuitamente significa essere fuori dal mercato oaver messo a profitto forme non convezionali di mercato. non è detto che donare gratuitamente non fornisca un reddito, alla fine.
comunque è osservazione giusta, anche se proprio il senso della nostra ricerca attuale è scoprire se esiste un margine, magari innovativo, di immersione nel mercato e nelle sue regole, senza infingimenti, e l'espressione artistica. forse reificare è piacevole
ferdinando sorbo
12 anni fa
ma le gallerie vi accolgono come <clienti> tutto ormai si svolge in un circuito della merce-opera d'arte in cui l'artista viene usato per scopi commerciali e da cui non riceve nemmeno la nuda sopravvivenza tra la <cattura> e la marginalità da clochard dell'artista,saranno le singole coscienze poi a decidere forse più <rivoluzionario> oggi sarebbe donare gratuitamente le proprie creazioni e questo in parte stà accadendo nella computer-software art sia con la musica che con le immagini,sempre se si hà un altro lavoro...mi sembra che la nuova immersione in Lui(divinizzazione inconsapevole della lettera grande) porti ad una reificazione inaccettabile...
vedi tu
12 anni fa
vedi tu Artista
difatti, leggendo il manifesto, vedrai parliamo di Mercato, più che di mercato dell'arte, in cui siamo immersi.
non si tratta di non vederne o conoscerne gli effetti, si tratta di fuoriuscire dalle tecniche di "cattura" senza rimanere marginali.
di questo vorremmo parlare
ferdinando sorbo
12 anni fa
il vostro positivismo è quasi ingenuo....il sistema dell'arte eredita l'intera ideo-logia sociale-economica dominante,gli artisti vengono sfruttati in massa,tranne le celebrità create dallo show business dell'arte stesso,il quale hà bisogno di crearne sempre di nuove grazie anche al zelante aiuto dei critici, anche in questo settore impera la divisione di classe...un sistema imbalsamato-vecchio con lo sguardo al passato,cieco alla vera arte contemporanea,che è quella che si costruisce con i mezzi-strumenti tecnologici di oggi,che superano sia l'opera unica,attraverso la ri-producibilità,che il culto della personalità dell'artista,perchè software e p.c. sono creazioni della mente di molte persone...

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