BLOOM alla conquista dello spazio pubblico

BLOOM è la seconda edizione di un progetto nomade affamato di spazi e condivisione di arte in luoghi improbabili che si getta ora nella mischia della comunicazione urbana con una nuova sfida: lo spazio pubblico.
Gli spazi di affissione comunali e i pannelli elettorali vengono stravolti nella loro funzione originaria, rispondendo ad una nuova urgenza creativa di reinterpretazione e riappropriazione della città.

BLOOM è ideato dal gruppo ArtiVisive, attivo dal 2009 in seno a Impronta Culturale
Comune di San Vito di Leguzzano (VI)

Secondo Baudrillard la realtà urbana contemporanea si impone come luogo di esposizione del segno e non più come sito della produzione e del mercato. Lo scambio urbano si sposta quindi a un livello sempre più simbolico e la concretezza della relazione rimane la base di un processo continuo di sovrastrutturazione di significato. I segni si moltiplicano, come i codici cui appartengono, e accanto a messaggi chiaramente comprensibili a chi è minimamente erudito al consumo di massa, compaiono codici di nicchia che invitano ad avventurarsi in traiettorie trasversali.
BLOOM offre l’opportunità di intraprendere un percorso all’interno dei tragitti che compongono il tessuto dei significati urbani e di partecipare alla sua costruzione. L’esigenza di non cristallizzarsi in rituali ripetitivi e abitudinari ha spinto il progetto a lavorare alla propria forma e di conseguenza ai significati legati alla forma assunta.
Non si vuole sostenere l’assioma che il messaggio coincida con il media, ma il fatto che BLOOM abbia sentito la necessità di usare uno spazio pubblico, di norma veicolo di segni legati ai consumi ideologici, biologici o simbolici di massa, riconvertendolo all’esposizione di segni individuali, è sintomo di una volontà di mettere in discussione certi parametri comunicativi. Mantenendo il media, ossia i pannelli pubblicitari, ma cambiando il messaggio che veicola si crea una dissonanza nel processo cognitivo del cittadino e un conseguente momento di spaesamento. L'osservatore diventa un nomade che perde i riferimenti del sistema di significati ormai consolidato in lui ed è costretto a vagare alla ricerca di una nuova costruzione di senso.
Oltre ad essere il luogo di esposizione del segno la città diviene quindi anche il luogo di esposizione al segno, BLOOM ha deciso di entrare in questa logica impositiva, sia per sfruttare l’efficacia comunicativa, sia per decostruire i significati legati al suo utilizzo. Quello che viene esposto si stacca dal codice di massa per permettere ad ogni individuo di esporre il proprio segno e tramite esso di promuovere se stesso al pari di un’ideologia o di un prodotto, nel processo si riflette la contemporaneità fatta di entità individuali e frammentate che si adoperano per l’affermazione della propria singolarità.

Il progetto ha preso vita a febbraio attraverso la diffusione di un bando aperto a tutti gli artisti e a tutte le forme di comunicazione visiva. Le opere saranno esposte a partire dal 23 giugno 2012 a San Vito di Leguzzano (VI). Sono coinvolti 37 artisti alcuni dei quali realizzeranno la loro opera in loco il giorno dell'inaugurazione.
I lavori rimarranno affissi fino al loro naturale decadimento e le strade della città diverranno una galleria a cielo aperto, spazio attivo e cornice alle molteplici iniziative proposte dal progetto Impronta Culturale.

Il Comune di San Vito di Leguzzano è una piccola città di 3600 abitanti nel "ricco nord-est", dove l'Amministrazione comunale ha proposto un progetto di attività culturali “partecipate”: Impronta Culturale.
BLOOM è un esperimento esportabile e fa parte del tentativo di ritrovare il significato di appartenenza di una comunità, di ridare il principio di senso ai suoi abitanti attraverso la cultura condivisa. Uscire dalle case, riappropriarsi delle piazze e delle strade per incontrarsi, condividere frazioni di spazio lavorate dalla storia, dalla memoria, dall’esperienza vissuta di una collettività in cui ci si trova a casa propria, uno spazio dove si riconoscono gli altri e si è riconosciuti.

Non c’è dubbio che la produzione di socialità e di comunità e quindi la questione degli spazi pubblici o meglio della produzione di essi sia una delle questioni cruciali sia del far politica nel senso più alto del termine, sia delle pratiche dell’architettura e delle sue finalità. La questione non è tanto quella di tutelare i luoghi, che non per questo automaticamente riacquistano un’anima (da qui la debolezza se non il fallimento di molti progetti di recupero urbano) ma di pensare che cosa significhi, a partire dalle singolarità, produrre spazi di socialità e produrre comunità (cultura) perché, come dice Alessandro Carrera "La cultura è fatta di cose che ci scambiamo".

La città del futuro inizia ora, con le piccole trasformazioni dal basso fatte di gesti semplici, con la conversione e riqualificazione di utilizzo di oggetti e luoghi in una pratica non dissimile da quella ecologica: interrare un seme, lasciare un'impronta.
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