A-phasis 08
(Per una sostenibilità insostenibile della luce)
La preghiera, pratica del trascendentale che diluisce il particolare nell’indefinito; la preghiera come ambito individuale che si dilata e trova spazio nella moltitudine che accoglie: luogo-non luogo deputato in cui il singolo riesce a confrontarsi (contenuto nei limiti ben definiti del tragico) con l’arcano immaginario della luce… forse del divino.
In questo spazio drammaturgico, la dimensione del numinoso nasce dal nero profondo della scena, come un flare caravaggesco senza pretese di trascendenza: è rivelazione senza definizione, un traguardare senza trascendere, e lo scotto per la sua intima esperienza, è la rinuncia alla individualità assoluta del singolo (quand’anche fosse patologica) che favorisca il riaffiorare surreale (e anche un po’ metafisico) del collettivo, per ora solo agito, più in là, forse, anche pensato.
Parafrasando San Giovanni della Croce: “Bisogna attraversare il buio, per trovare la luce”. Ma nulla garantisce che, alla fine di un tale tortuoso e sofferto percorso, la “luce” sia per noi sostenibile.
Dall'alto, l’immagine dello spirito che discende, e che qui, immemore di rivelate storie , si accontenti di bruciare dal basso (incipit di un rogo umano dinamicamente auspicabile). La preghiera illumina…ma il corpo che brucia, affinché luce si produca, è il nostro!
Sono dati anche i limiti fisici estremi in cui i protagonisti“accadono”: sono quelli scenicamente misurati dal tendere disinvolto verso l'esistenza (l’improbabile pantomima di una vittoria esaurita nell’epifania di una sola scintilla) e dall’inevitabile ricaduta gravitazionale (si è corpi… sempre e comunque…come insegna il “tormentato” della Sistina, ma questa volta senza il tragico che dovrebbe conseguirne), e che disegnano una triangolazione ovvia sì, ma fuori di retorica: triangolazione ancora kandiskijana ma che, in crisi di spirituali certezze, ha imparato a capovolgere, se circostanze lo richiedono, il suo moto.
Il Rosso è l’unico colore che appare (la dimensione simbolica dell'oro è quella che crea lo Studium, ovviamente), e lascia spazio finanche al ritorno di un ambiguo e compiaciuto “estetico”. Ma senza quell’indugiare lirico che forse distrarrebbe, riportando ad un assoluto storico tradizionale che qui ha (e vuole avere) solo il valore di un’evocazione tronca: la preghiera e, insieme, il baratro su cui osa o da cui osa affacciarsi.
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