nido con semi
La forza intrinseca e metaforica delle erbacce mi affascina e ho iniziato ad adottarle come materiale d’espressione. Definite spesso un flagello biblico da estirpare, fastidiose infestanti o addirittura responsabili di avvelenamenti di massa, “le erbacce riescono a crescere dove non cresce altro, a spaccare il cemento, a vivere di nulla e creare terreno buono per le altre piante, quelle che non vengono chiamate erbacce. Affascinato dalle erbacce decido di adottarle per farne delle opere. Un elogio estetico delle erbacce, della loro diversità attraverso la ricomposizione. Fili d’erba che diventano forma, materia, grafica , disegno e fotografia. Scelgo un luogo in cui la “materia prima” è abbondante e creo i miei lavori con ciò che ho a portata di mano, in questo mi sento un’erbaccia. Sento un’affinità tra queste creature “inutili” e gli esseri umani: sopravvissute nei secoli, diffondendosi tra i continenti, come la “scimmia nuda”, non hanno particolari esigenze quanto al posto in cui vivere, si adattano velocemente alle sfide ambientali, usano strategie per aprirsi la strada.
Richard Mabey nel libro “elogio alle erbacce” si chiede: “Dobbiamo mostrarci tolleranti e accoglierle? Oppure fare di tutto per fermarne la migrazione dalla selvaggia terra di origine alle nostre enclave coltivate?”. Sappiamo che si parla di piante e non di uomini, ma l’ambiguità è cercata, ed esprime al meglio la nostra relazione con gli altri viventi: quello di essere fratelli, “irrevocabilmente legati”.
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