Landscape - Ipotesi 35
Come spesso succede alle opere essenziali, anche le fotografie di Giovanni Guadagnoli corrono il rischio di essere sottovalutate. Eppure basta osservarle con attenzione per accorgersi della complessa riflessione concettuale che ne precede la realizzazione. Quei paesaggi sereni, al cui interno si muovono personaggi non identificabili, nascondono il mistero che aleggia non tanto nei luoghi quanto nell’ambito stesso del mezzo fotografico. Viviamo in un mondo i cui confini fisici si sono allargati ma al cui interno convivono concezioni profondamente diverse come le culture da cui si originano. È quindi inevitabile che la fotografia finisca per confrontarsi con l’ambiguità e con il relativismo, per accoglierli non come limiti ma come strumenti di indagine critica per indagare sulla propria capacità di osservare la realtà. Guadagnoli affronta il problema immergendosi totalmente nella rappresentazione ma utilizzandola con un distacco critico volutamente straniante. I suoi paesaggi sono apparentemente sereni: la superficie dell’acqua increspata dalla coppia che vi si immerge, il campo dove si incontrano senza osservarsi una donna e un uomo, il panorama osservato da un gruppo di persone di spalle. A una più attenta analisi, tuttavia, si scopre che la superficie della stampa fotografica racchiude dei segreti: la attraversano notazioni scritte, allineate addizioni, tracce provenienti da lettere, diari, quadernetti di appunti che Guadagnoli ha raccolto e fatto dialogare con le immagini in un’atmosfera sospesa. Colature di colore citano il rapporto mai dimenticato che nel paesaggio lega fotografia e pittura mentre, sullo sfondo, si evocano città lontane come la storia che le ha generate. Un ragazzino osserva il paesaggio che si allarga di fronte al suo sguardo e su cui compare, incongrua, la sua stessa ombra: è così che Guadagnoli ci ricorda il fascino sottile di cui è capace la fotografia quando più che alla realtà si rivolge all’interiorità dell’uomo.
Roberto Mutti
Commenti 5
Veramente bella.
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