Vegetare?!
<< Piove. Il legno c’è. Approfittiamo di una tregua dal cielo per dare inizio alla deposizione.
I partecipanti portano a spalla la loro creazione verso il cuore più impervio del bosco. Nel silenzio vegetale, cadenzata dal rumore della pioggia, la discesa del corpo è difficile e straziante. Ma la fine è arrivata, le creature del bosco lo attendono alla tomba, sul ciglio del pendio che affaccia sulla vallata.
Legno che ritrova la sua origine, dopo chilometri trascorsi a trasportare merci per le strade del mondo. Legno che incontra le strutture organiche che il bosco genera, forme complesse, caotiche, che anche nella loro casualità tendono alla perfezione. Legno che sostiene l’Edera, che devia i corridoi notturni dei Cinghiali, che si oppone al devastante passaggio dell’Uomo.
L’unione tra i due mondi genera un turbinio di linee; un insieme di pensieri, che hanno voglia di Vegetare. Hanno voglia di guardare avanti nel rispetto della natura, delle sue difficili armonie, hanno voglia di dialogare con il mondo vegetale, con la terra, di conoscere il segreto della sua longevità.
Pensieri che hanno voglia di tornare alla natura, che hanno voglia di starla a sentire.>>
La performance cattura la fase di spostamento della struttura in legno, dal laboratorio di falegnameria al bosco. Assume un carattere allegorico molto forte.
Nei suoi movimenti, il gruppo che trasporta il grosso “becco” di legno assume valenze altre, che riportano a una dimensione grottesca.
Si vuole alludere alle vecchie manifestazioni popolari, ai riti propiziatori o di iniziazione, ai riti funerari. Il corteo sembra portare in spalla una bara; viene rappresentata la fine di un ciclo che se pur di reintegrazione e rinascita, per noi uomini è sempre triste: la morte.
Il soggetto protagonista di una processione stavolta è il legno, non il suo contenuto; una storia che si chiude con il ritorno al bosco, a marcire pian piano ed essere inglobato nel magnifico ciclo fertile e riproduttivo del bosco. Un tronco, in un luogo qualsiasi della Terra, è stato abbattuto per essere ridotto in tavole ed asservire l’uomo. Ora, dopo aver percorso chilometri in lungo e in largo, viene disessemblato dalla sua forma di pallet e condotto alla terra.
L’opera lascia un segno nel bosco capace di confrontarsi con l’uomo e con le tante creature presenti. Interrompe la continuità di un sentiero naturale percorso per lo più di notte da gruppi di cinghiali.
Questa interruzione è un punto interrogativo in un percorso di avvicinamento alla natura. L’uomo che percorre il bosco trova in una protesi, in un artificio, il modo per incrementare le sue capacità sensoriali. Attraverso l’uso di una macchina, di un filtro amplificatore, si scopre il fitto linguaggio degli esseri che popolano la vallata. Un gioco alchemico tra riflessi e riflessioni, che attira anche il più piccolo visitatore, che diverte, che stupisce nella sua estrema purezza formale.
La forma sinuosa dell’opera si presta a diverse libere interpretazioni, che vanno dal mondo della zoologia a quello più vicino della botanica. Una lunga proboscide, la coda di un grande mammifero preistorico; fermo immagine di un grande dinosauro che solca la fitta boscaglia in cerca di cibo, che incrocia il sentiero spoglio segnato dal passaggio di altri animali.
La parte più stretta si compone di assi di legno recuperato dal disassemblaggio di pallet per il trasporto merci; risulta simile ad una scatola, alla sezione intermedia di un tubo catodico. Un volume fluido troncato di netto, tagliato perché dichiari il suo interno, o il suo intento. Il legno attorno risulta levigato, amichevolmente arrotondato, in tutto conforme alle caratteristiche riconoscibili di un artefatto, o se vogliamo di uno stereotipo. L’archetipo dell’innaturale – filtrato dalla presenza del legno – si trasforma in movimento naturale, complesso, che il tempo muterà in modo esponenziale, incontrollabile.
La sua pretesa è essenzialmente quella di essere il tramite per un messaggio, che può partire dall’uomo, posto ad un capo del trasmettitore, ma che viene anche dal bosco, alla ricerca di chi la sappia ascoltare.
L'opera è frutto di un workshop che ha visto un gruppo di giovani studenti e laureati del settore arte/design/architettura misurarsi con il settore dell'Arte nella Natura. Segue il format “10,100,1000 Pallet” diffuso dal 2008 dal Laboratorio Linfa. Questa esperienza propone di salvare dalla discarica e riutilizzare i pallet per il trasporto merci – arrivati a fine ciclo di trasporto – per la creazione di complementi d’arredo o di opere artistiche. La progettazione condivisa vista come vero momento di dialogo, di condivisione, di cultura tangibile che è arte.
Perché l'ironico quanto sarcastico interrogativo/affermazione “Vegetare!?”. Bisogna tornare ad avere un rapporto con la natura, a porre maggior attenzione verso agli esseri viventi che con lui sono parte dell’ecosistema.
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