Achille amava la Signora Tartaruga, infinitamente

Installazione, Amore, Figura umana, Sacro / Mitologico, Materiali vari, 40x50cm
Loop è un progetto installativo che riporta alla luce, rivisitandoli in chiave contemporanea, alcuni dispositivi che furono fondamentali per la messa a punto della tecnica e del linguaggio cinematografico, come zootropi, prassinoscopi e lanterne magiche.

Questi strumenti si basavano sui loop, sequenze di immagini che riproducevano azioni complete e in continuazione. I nuovi media, all’inizio, dimostrarono di avere gli stessi limiti tecnologici degli strumenti pre-cinematografici, legati ad esempio alla lentezza delle CPU o delle connessioni, tanto che la ripetizione caratterizza i primi filmati di QuickTime, i primi videogiochi e le gif animate.

Il loop, in apparenza solo un limite tecnico, diventa un motore narrativo (Lev Manovich, Il Linguaggio dei Nuovi Media, 2001): le sequenze fotografiche –leggere ed essenziali- presenti in ciascuno strumento raccontano storie che, nella loro continua ed ossessiva ripetizione, sono metafore dei limiti intrinseci alla natura umana. Il tempo è ciclico e ricalca la dimensione naturale delle cose, con una visione del mondo che si stacca da quella cristiana, dove tutto è teso verso un fine. In uno spazio asettico e minimale, attraverso la pratica dell’autoritratto l’autrice fa spesso riferimento a figure della letteratura e archetipi mitologici, divenendo così altro da sé.

In "Achille amava la Signora Tartaruga, infinitamente" il paradosso di Zenone diventa una metafora dell'impossibilità d'amare. L'amore, come il movimento, è solo illusione.

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