La Primavera di Quirra
Questo scatto, che appartiene ad una serie fotografica, non può contenere l’intera complessità della questione affrontata, ma ne condensa l’assurdo e apre ad una riflessione, l’inconciliabile contraddizione tra un popolo, quello sardo, che si tiene aggrappato al profilo antico dell’isola con gli strumenti della tenacia e della diffidenza, e una forza, quella del potere, che usurpa e calpesta, che addestra soldati per guerre distanti e al belato della terra sovrappone il fischio dei proiettili inutili.
Così che a Quirra, intorno al Poligono Sperimentale, in quelle zone che i pastori non si rassegnano a lasciare, il gioco si fa serio e la vita che resiste è vita contaminata dall’uranio, malformata per generazioni, malata di corpi estranei che avanzano come l’ombra sulla terra assolata.
A Quirra la guerra è finzione, è un esercizio di stile, ma la morte è reale. A Quirra la guerra è un gioco simulato quanto lo sono i soldatini di plastica, è illusione di un teatro potenziale, creato artificiosamente e vestito di retorica. L’unica cosa vera è la morte che affligge la comunità. La paura di andare contro i poteri forti, la ribellione che si tramuta in autocondanna.
Questo lavoro cerca di mettere a fuoco una problematica sociale attraverso l'uso dei giocattoli come mezzo di indagine. Nasce così una riflessione nella riflessione che erige il suo teatro sul piano infinito della metafora. Uno specchio e un non luogo.
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