Nell’espressività e nella postura del capo reclinato all’indietro, arreso, distaccato dall’autostima, c’è la metafora distorta e disperata della libertà. La giovane donna abita un mondo a sé, astratto, vuoto, rappresentazione di incomunicabilità, desiderio di decomporsi pezzo a pezzo per poi sparire nel nulla. Ed ecco nel gioco degli opposti, in primo piano, la corpulenza, la pinguedine di un anonimo personaggio, motivate da una vita indolente dove la stigmatizzazione del corpo grasso ha radici profonde. Fin dai tempi di Ippocrate l’obesità era associata ai vizi, all’ingordigia, alla pigrizia, appannaggio di nobili e prelati.
News
celeste,
Commenti 0
Inserisci commento