Eterotopia
Avanzi da cantiere di cellophane leggero da imballo.
Quartiere Adriano, zona inesplorata trovata per caso sbagliando strada.
Colpito da una certa dimensione neorealista, quasi pasoliniana, ho scelto questo luogo per l’esperimento. Un hinterland che è terra di nessuno, cantiere dell’indeterminato e della speculazione edilizia.
In mezzo alla strada il portellone posteriore dell’auto è aperto. Ritagliamo la plastica e fissiamo con lo scotch le fasce ai bordi del vano.
Dall’interno la mano del mio amico tiene fissa la telecamera al pianale.
Procedo lentamente senza vedere ciò che viene registrato. “Come ti sembra?” chiedo. “Interessante. Vai piano. Fermati”. Riparto, dosso, salta la telecamera. Arrivano altre auto, rallento. Il sabato mattina c’è un po’ di movimento. Spero non passi la polizia. Percorro alcuni isolati per acquisire materiale e poi visiono il girato.
In studio l’editing: selezione, slow-motion, reverse, suono originale.
Riflettendo sul tema dell’errore come errare, viaggio, imprevisto e percorso casuale nella città, prendo coscienza che la dimensione fluida dei vortici aero-plastici rispetto alla rigidità edilizia, determinano una condizione altra: un altro luogo contemporaneamente fisico e mentale.
Esito inaspettato, Eterotopia è un concept film che indaga la correlazione tra spazi. La dimensione reale, urbana e cementificata e la sua sovrastruttura illusoria, fluttuante e assolutamente imponderabile.
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