“Raccolgo la mia mano in gesti d’inchiostro – è uno scorrere di vernice, scura – un passare di tempere. Muovo una necessità, oltre gli intrecci d’acciaio, i cavi, i nodi di corrente. Siamo tutti tralicci trafitti da luci tenui e inarrestabili, colti alla sprovvista da brezze e graffi indecisi di rami d’autunno. Cede alla natura, ogni torre di ferro – l’erba si arrampica, l’autunno sfrigola, l’edera invade gli scheletri, i templi, le cattedrali. Le vernici si sciolgono, l’inchiostro s’increspa, la mano tentenna. Poi esplode in curve in venti, leggiadre, in colpi di pennello, dita, spatola. Incido con forza, prima, dunque respiro la calma: il silenzio, adesso, infranto.”
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celeste,
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