“I paesaggi urbani di Chiara Smirne sono simbolo di ricordi di vite, di disagi esistenziali, specchi di ansie, colmi di appagamenti illusori ma poveri di sentimenti e valori, dove un’umanità smarrita è sempre presente, con apparizioni e assenze. L’artista mette in scena spettacoli surreali, gli scorci urbani sembrano scenografie teatrali, cinematografiche, architetture posticce che fanno percepire la vacuità e l’inconsistenza delle finzioni create dell’uomo. Esistenze, vite umane di cui si percepisce sempre la presenza, il respiro, ma che spesso non sono viste, talvolta intraviste o che assumono forme che sì ricordano “l’uomo”, ma che umane non sono: è il caso di opere come L’attesa in cui si suppone ci siano persone, ma a comparire nei dipinti sono solo immobili manichini… (tratto dal testo critico di Veronica Riva)”
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celeste,
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