“ Foxy lady CHEYCO LEIDMANN”

“ Foxy lady CHEYCO LEIDMANN”

Molto sembrerebbe cambiato dagli anni settanta nella fotografia. Tutto tecnicamente nulla nei soggetti. D'altronde il postmodernista, l’inconsapevole fotografo d’oggi (la fotografia che vuol essere fotografia), ritaglia spazi della memoria, una memoria, questa, melanconica che manca di ragione d’essere. Non vuole essere una critica.

Ciò che era consapevole nelle photo degli anni settanta e a venire per il decennio successivo, era il nuovo uomo, un uomo che andava oltre il proprio destino, letteralmente procedeva nello spazio. Ciò che si raccontava nel sentimento del tempo non era l’atmosfera d’un’immagine stereotipata con gli indizi d’una modernità tecnologica ma, certamente nella bidimensionalità, era un uomo consapevole, mentre l’altro lo stesso percorreva oramai le sfere celesti, lo spazio. E mentre nella banalità si potrebbe pensare a un uomo etereo, come sempre per i luoghi comuni dell’analogia, era invece l’uomo alle prese con tutte le contraddizioni, contraddizioni raccontate senza peso, svuotate di contenuto, come se gli oggetti fossero solo di scena e dislocati in un nuovo ordine. E nonostante la nostra disattenzione, in fotografia (poco importa la composizione), sappiamo, conta il racconto inevidente, quel che non si vede, quello che manca e per fatti millenari alla ragione d’essere uomo naturale, questi sono assemblati nella logica del vero che è ben altro dalla sua rappresentazione.
Tutti i movimenti di quegli anni le “rivoluzioni” (68) parlano d’un “nuovo ordine” e questo è facilmente deducibile sapendo che esiste prima l’uomo collettivo e poi quello che pensiamo di portarci dietro e chiamiamo per convenzione Io.

Il postmodernista, tutto ciò non vede e non può vedere. E’ alle prese con la sua impresa titanica impossibile che lo riempie ed egli ne abbisogna come a sua riconciliazione. E questo si compie generalmente nella facilità della memoria, nel sentimento di questa, nella classica disperazione confusa, ma a ragione di darsi un equilibrio, più che un motivo di stile (pare che voglia o si debba rispondere a un questionario).
La fotografia è stata, in quegli anni precorritrice, più del cinema e non parliamo della letteratura presa com’era dai problemi della catatonia.
La fotografia è l’unica “arte” che permette di generarne delle altre. E’ uno straordinario motore iniziatico, e forse ne costituisce la sua essenza.

nella foto: Il Salento località chiamata "le Maldive"

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Commenti 2

patgamb
12 anni fa
patgamb Artista
bravo!!!!
Anneli Di Francis
12 anni fa
Complimenti :)

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