gli oggetti del principe
Il silenzio. La centralità dell’oggetto è per Tina Sgrò uguale a porsi al lato dell’esperienza per raccontarla nei dettagli; l’oggetto ha la sua vita, relativamente a come l’uomo ne fa uso. E dispone il taglio dell’immagine e paradossalmente diviene opera mentale. Perché l’oggetto è pretesto. Grazie a questa sua capacità, Tina ottiene degli effetti puramente emotivi, dove luce ed ombra si danno appuntamento per superare il confine della tela – nel cuore delle cose va a cercare la luce con quel mestiere manuale che lei tratta come mestieraccio.
Come se si riaprisse uno squarcio caravaggesco sulle buie stanze colme di utensili dimenticati. Come se venisse via la polvere culturale che sedimenta sui ricordi.
Tina svuota di ridondanze il fare pittura. Non è una pittura da chiesa la sua, ma celebra le nicchie di quel quotidiano intriso di silenzio.
Non vi è suono negli strumenti ma nera attesa. E l’incontro della luce con l’oggetto è attesa.
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