La memoria di un notturno nel sud della Sardegna è il pretesto per ritrovare una simbiosi fra l’infinito incombente e l’uomo. Il cielo blu è solcato da lune accecanti, che si fondono e richiamano a sé il mare per una unione che supera l’aspetto materico. L’invito che il mare riceve è restituito attraverso un abbraccio simbolico, esaltato dal riflettere la luce ricevuta. La terra è coinvolta in questo dare e ricevere luce, che ne evidenzia esclusivamente le forme più macroscopiche solo in modo marginale. Il blu del cielo, diffondendosi sulla terra, tende così a sopirne la volontà, quasi non voglia consentire una partecipare attiva a questa fusione che l’uomo, estraneo, si limita ad osservare; in ogni caso l’osservatore né viene comunque coinvolto, incluso, anche se il ruolo di testimone impotente deve necessariamente evolversi grazie ad un infinito generoso che lo induce ad emanciparsi dal sentire inadeguato il proprio essere. La tenue luminosità che incomincia a trasparire dal lato destro del quadro costituisce l’invito formulato all’osservatore perché, fiducioso, si fonda nell’insieme.
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celeste,
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