Da una sperimentazione liberamente ispirata alle esperienze cinetico-programmate degli anni sessanta, nasce il “multiquadro”: un telaio in cui si iscrivono un numero variabile di tasselli forati (qui due, moltiplicati per cinque telai appesi in fila), di forma quadrata, infilati su barre orizzontali a sezione circolare, sulle quali possono ruotare liberamente di 360°. Da un punto di vista puramente matematico, ciascun tassello può assumere un numero infinito di posizioni e la moltiplicazione dei tasselli non è altro che una moltiplicazione delle infinite combinazioni ottenibili da quest’unica opera. Ne scaturisce un’opera d’arte che racchiude in sé un numero infinito di opere, e che interagisce con il fruitore, o meglio viene determinata da questo, diventando uno strumento da esperire e manipolare. Il movimento indotto dall’osservatore è quindi parte integrante del “multiquadro” e quella che potrebbe sembrare una trovata giocosa si rivela invece una meditazione sulla labile soglia tra finito e infinito, e sulla natura ambigua e complessa dell’oggetto estetico, che, da entità conchiusa, si tramuta in campo di molteplici possibilità.
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celeste,
Commenti 11
complimenti
un sorriso
Dovevi essere tra i finalisti.
Molto bella
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