Mimesis : declinazione 1
L’ “Altro” naturale è uno dei luoghi più frequentati dalla fotografia di massa, spesso piegato ad un’ostinata inclinazione verso il bello ordinato e in ovvia contrapposizione antitetica col “disturbo” urbano delle nevrotiche città. Un pregiudizio tra i tanti della cultura occidentale (e non solo) che, il medium fotografico acriticamente ribadisce con il suo presupposto di “vero oggettivo”, oggi difficilmente sostenibile.
Il rispecchiamento mimetico di classica memoria, svela la sua inattuabilità e forte si insinua, nelle trame intime dell’immagine, l’ambiguità strutturale del discorso: non solo la difficoltà di pensare univocamente la “Natura” , ma anche e soprattutto il disagio concettuale dell’uomo nel sentirsi da essa accolto in termini identificativi (e quindi: quale uomo?).
E’ così che il “Loci Amoeni” di stampo mitologico diviene, visivamente, campo di azione di una natura ipertrofica, nella continua vibrazione di una luce inquieta di energie in conflitto, forse temibili; e la rappresentazione fotografica, con la sua strutturale ambiguità, ormai storicizzata (Pierce è remota storia!), è il medium più idoneo per testimoniarla.
L’idea di uomo, in essa individuabile, è unicamente dato come imprevisto, discontinuità, presenza alienata; restituito nell’evanescenza di una forma precaria, fantasmatica; collage sospeso sull'ipotesi di una fusione con l’insieme sempre in fieri, mai definitiva, moncone di una memoria frammentaria e tuttavia necessaria.
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