La creazione
Un canto si levò limpido e puro dalla voce di San Francesco:
“Laudato sii, mio Signore, con tutte le Tue creature, specialmente messer fratello Sole, il quale è giorno e ci illumini attraverso lui.
Laudato sii, mio Signore, per sorella Luna e le stelle: in cielo l’hai formate chiare, preziose e belle.
Laudato sii, mio Signore, per fratello vento e per le nuvole, il sereno e ogni tempo, attraverso il quale alle tue creature dài nutrimento.
Laudato sii, mio Signore, per sorella Acqua, la quale è molto utile, umile, preziosa e casta.
Laudato sii, mio Signore, per fratello Fuoco, attraverso il quale ci illumini la notte; ed esso è bello, giocondo, robusto e forte.
Laudato sii, mio Signore, per sorella nostra madre Terra, la quale ci sostenta e governa e produce diversi frutti con coloriti fiori ed erba (…)”.
Il Cantico delle Creature, il testo poetico più antico della letteratura italiana, è stato composto dal Santo due anni prima della morte, avvenuta nel 1226, a san Damiano, dopo una notte di sofferenze. Esso evoca l’intera realtà cosmica allora concepita per rendere testimonianza dell’infinito Amore di Dio. Infatti, la lode al Signore ha inizio con l’ammirazione dell’etere (formato dal Sole, la Luna e le stelle): il quinto elemento costitutivo della materia introdotto da Aristotele. Francesco quindi passa alla lode degli altri quattro elementi fondamentali (l’aria, l’acqua, il fuoco e la terra): le “quattro radici di tutte le cose” secondo Empedocle, e in seguito Aristotele, che con le sue idee influenzò per circa 2000 anni il pensiero scientifico. Al vertice dell’universo si pone il Cristo Pantocratore (dal greco: “Signore d’ogni cosa”), il quale è ritratto, in atteggiamento maestoso e severo, nell’atto di benedire con le tre dita della mano destra, secondo l’uso ortodosso. Il Cristo, in quanto Logos incarnato, rappresenta la chiave di comprensione della realtà e la risposta al mistero dell’esistenza. La rappresentazione dei cinque elementi fondamentali è poi racchiusa in un uovo, avviluppato nelle spire di un uroburo, di colore rosso e blu; mentre lo sfondo evoca in tutta la sua potenza esplosiva il verificarsi del “Big Bang”. L’archetipo dell’ovale in realtà permea la storia dell’umanità sin da epoche remote, accomunando culture apparentemente lontanissime tra loro. Diversi miti cosmogonici immaginano l’universo in forma d’uovo o come originatosi da un uovo. Esso, simbolo di perfezione, è la cellula primordiale che contiene in germe la molteplicità degli esseri e l’immagine della totalità originaria antecedente a qualsiasi differenziazione. La presenza nel dipinto dell’uroburo (dal copto ouro, “re”, e dall’ebraico ob, “serpente”) , il serpente che si morde la coda, evoca l’eternità e la totalità dell’universo. Esso rappresenta l’emblema dell’eterno ritorno e del continuo rigenerarsi della vita, il Re serpente è l’immagine che meglio descrive il concetto ciclico del tempo: il “Grande anno” degli antichi. Il corpo dell’Uroburo è di colore rosso e blu a significare rispettivamente la dimensione umana (la terra) e la dimensione divina (il cielo), pertanto allude all’unione degli opposti all’interno della totalità originaria.
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