(IlGirodelleRivoluzioni)[49](Cucaracha regeneraciòn)
Cucaracha regeneraciòn
Mentre bevevate Michelada, le tende si gonfiavano per il vento e molte voci venivano dalla strada.
Allora mi sono alzata e ho raggiunto il balcone per affacciarmi al settembre messicano. Tutta la folla
mi salutava sventolando bandiere. C'erano operai, agricoltori che subito si felicitarono per la mia eleganza.
A dire il vero non mi ero neppure accorta di avere il vestito buono e in linea di massima non me lo sarei messa,
in una circostanza del genere. Poi voi vi alzavate come un sol uomo e dicevate, con l'aria distratta: “Sì, ma
non è questo che porterà lo zoppo a correre.”
Io ero perplessa, cercavo di capire il significato di quella frase poi mi fu tutto chiaro. “Ah sì,” esclamai e
scesi di corsa, mi gettai sulla terra battuta. I cavalli mi avrebbero schiacciato col loro peso. Pensai: “Così
servirà a qualcosa, non avranno più niente da ridire, dopo, se sarò morta per la causa.” Dovevo credere
pienamente nella rivoluzione. Che non fosse un sussulto passeggero. Non solo gli zoppi avrebbero corso,
ma anche i paralitici, i ciechi. Partenogenesi. Quella parola iniziò a ossessionarmi. “Ma non era palingenesi?”
chiesi alla bambina che stava impettita davanti ad una lavagna, in attesa di parlare. “No,” mi disse, mostrando
una bocca senza denti: “Partenogenesi”. Allora ero io che non capivo bene.
Cos'era la rivoluzione, pensavo, se solo gli altri avevano la chiarezza delle idee e del sentimento? Decisi che
dovevo sparire.
Non avevo a che fare col passato né col futuro. A quel punto voi prendeste dei pneumatici e iniziaste a
farli rotolare lungo le strade e le baracche. Tutto era già avvenuto ed io non me ne ero accorta.
La Storia mi aveva tradita. La frittata era fatta e non potevo farci nulla. Stava passando una mia amica
del liceo che assomigliava a Frida Kahlo. O forse era proprio lei.
Peccato che, timida com'ero, non avrei mai salutato. Mi misi a cantare: “Verità del divenire...”
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