"mé"

“mé”

Ormai è ineludibile pensare che il linguaggio del digitale informatico non sia parte integrante del nostro quotidiano, come è ineludibile pensare che non incarna la caducità del nostro tempo. Credo che come strumento, si, abbia ampliato i confini della ricerca artistica e non, ma allo stesso tempo ha amplificato a dismisura il senso di possesso dell'attimo, del già stato sfuggente alla memoria biologica. Quante foto abbiamo scattato con disinvoltura ed co estrema facilità, per scherzare, per giocare, per comodità, per creare, per comunicare e che poi pazientemente abbiamo archiviato nella memoria virtuale e successivamente con altrettanta facilità abbiamo cestinato? E' proprio dalla metafora del cestino che nasce “Sei quello che non sei”. Ho usato una popolare camera digitale e una comune periferica laser per dare fisicità caduca a me stesso, con la semplice intenzione di usare lo strumento come mezzo per comunicarvi visivamente il mio volto per presentarmi, e facendo del limite virtù del linguaggio della fotografia. Ho accartocciato la stampa, come si fa comunemente per cestinare la carta. Nulla resta uguale per sempre. La piega della stampa non deturpa ma è metafora dei segni del tempo e dell'infinita sfaccettatura dei punti di vista della personalità dell'individuo, e reale presenza di quella tridimensionalità illusoria espressa dalla stampa fotografica. Il sottile segno nero ad inchiostro, tracciato a mano, ricalca questo nuova superficie ed è traccia della singolarità non riproducibile dell'io.

La foto, vista la sua tridimensionalità ha diversi punti d'osservazione, ed è corredata da 2 chiodini per essere affissa e un apposito packaging in cartone rigido nero per custodirla quando non è esposta.
Didascalia opera:
“mé”, 2013, foto digitale, stampa laser su carta fotografica, 20x27cm,
packaging in cartone nero 21x28x5cm