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nato giallo. Strati successivi di colore, indulgendo sulle irregolarità della tela, seguendone la trama e
assecondandone l’altalenarsi dei pieni e dei vuoti, mi hanno dato questo aspetto vissuto.
Non sono così preciso come sembra. Le mie misure non nascono dalla riga. Sono come il mondo
conosciuto dagli antichi: piatto. Lo sguardo, tuttavia, se corre a quei miei vertici che scivolano verso
l’abisso, o meglio verso l’infinito del muro casalingo, coglie una certa inquietudine. Non vi inganni
quindi la mia apparente staticità: non sono forse proprio quei triangoli che scivolano lungo il bordo
della tavola, un ideale via di fuga per abbandonare quel fondo con cui non ho nulla da spartire se
non la semplice appartenenza?
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