Androgino
Quando viaggio con la mente e immagino come potrebbe essere Berenice, mi ritrovo ad osservare Napoli, e ricordo le parole che mi hanno dato forza durante questi anni:
"L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà;
se ce n’è uno, è quello che è già qui,
l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno
e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso, ed esige attenzione e apprendimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno,
e farlo durare, e dargli spazio." (Italo Calvino)
Berenice è un dialogo intrapreso con la mia coscienza per continuare a scoprirmi legato alla mia città, ai suoi luoghi, alla sua gente. E’ una riflessione che nasce nel 2011, fotografando persone e spazi di Napoli che hanno destato il mio interesse.
L’input ad intraprendere questa ricerca proviene dalla lettura del libro di Italo Calvino “Le città invisibili”, e il suo intento è far luce su aspetti sommersi della realtà partenopea, per creare una città ‘altra’ che sia per me rifugio d’appartenenza e, insieme, luogo di resilienza.
Di pari passo, il mio progetto ha origine dalla costante interrogazione del mezzo fotografico e, in particolare, dall’aver compreso che questo non poteva essere utilizzato semplicemente come strumento per catturare un momento o una parte di realtà, ma che dovevo considerare il fotografico come mezzo di scambio, attraverso cui esprimere il mio bisogno di umanità. Quando ho raggiunto questa consapevolezza, sono ritornato da alcune delle persone che avevo fotografato, alle quali mi sentivo stretto da un legame nato dalla condivisione di un istante unico, e ho deciso di restituire loro quegli stessi istanti, trasformati in fotografie. Sorprese dal gesto della restituzione, simbolo della mia riconoscenza nei loro confronti, le persone che avevo cercato si sono aperte a me, hanno iniziato a raccontarmi le loro storie, a rendermi partecipe di un frammento più ampio delle loro vite.
E’ stato, dunque, il ri-incontro con i miei soggetti a permettermi di sviluppare ulteriormente il progetto, includendo in esso contenuti multimediali, come filmati e registrazioni, che dialogano con alcune delle fotografie, ampliandone le storie.
La nascita di Berenice ha significato dare a me stesso una via d’uscita per vincere lo stereotipo con cui i media soffocano Napoli. Più volte ho provato a chiedermi cosa ci fosse oltre le macerie che ci circondano.
Dietro queste macerie, nascoste sotto la polvere, ho trovato storie che voglio raccontare, storie di persone che appartengono a Berenice, città dei giusti.
Il progetto è costituito da un corpus di settantaquattro fotografie, di cui presento una selezione nel mio portfolio del celeste.network http://www.premioceleste.it/portfolios/idu:72803/idn:5810/
Per il Premio Celeste ho scelto di presentare l’opera “Androgino” non solo perché rievoca, attraverso il mito, la storia dell’amore inteso come ricerca dell’unità perduta, ma anche perché questa fotografia traccia la linea di confine sulla quale procede la mia narrazione, in bilico tra lo slancio poetico soggettivo e la documentazione del reale.
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