Il mio burqa sono io!
Il mio lavoro è nato dall'esigenza di dar voce ad un gesto di denuncia personale e collettivo. In un periodo storico in cui gli atti di efferate violenze nei confronti delle donne sono in costante e preoccupante aumento, ho sentito il bisogno di realizzare qualcosa che puntasse lo sguardo su uno dei problemi a monte di tutto ciò: l'asservimento della donna al potere rappresentato dall'uomo, dalla religione, dalla famiglia, da regole sociali e politiche e da tabù atavici che le impediscono di difendersi adeguatamente. Mancanza di autostima, insicurezza, paura, svalutazione di sé, spesso la portano a costruirsi una prigione soffocante, da cui non sempre riesce ad uscire. Da questa gabbia, creata su esperienze di vita negative, diventa sempre più difficile liberarsi col passare del tempo e la fiducia in sé viene scalfita di fronte ad ogni piccolo e grande insuccesso. Così ella stessa contribuisce ad alimentare un disagio esistenziale, a volte molto pericoloso. La donna protagonista del mio lavoro indossa una gonna di modello e foggia usuali nel mondo occidentale. Ma la stoffa di questo indumento la copre tutta fino a soffocarla; ne rimangono fuori solo i capelli, ultimo baluardo di una femminilità ormai persasi nel tempo. Avrebbe potuto indossare un bikini od essere nuda, perché il suo è un burqa di carattere psicologico. Donne intelligenti, con notevoli capacità di autorealizzazione, rimangono invischiate in vite totalmente insoddisfacenti, chiuse nella violenza che operano su se stesse, bloccate dalle loro paure.
Ringrazio e abbraccio amorevolmente tutte le donne che con le loro esperienze hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro.
Forza, ragazze, con il nostro coraggio ce la faremo!
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