Terme sul lago d'Averno

Terme sul lago d'Averno

Come ad Angkor Wat la natura si sta riprendendo ciò che le spetta; il fascino è proprio della decadenza ma non dell'abbandono. poco distante feste trimalcionesche con cantanti neomelodici spargono le note incuranti della poesia del luogo. La natura DEVE riprendersi ciò che le spetta perchè l'uomo moderno non merita la grandezza, ma solo il degrado.
"Sulle ripe orientali del lago d’Averno, si ergono ancora i grandiosi avanzi di una costruzione che per la sua pianta e per la sua forma, ricorda i cosiddetti " trugli di Baia". La leggenda popolare e la tradizione umanistica che sull’Averno han collocato la Grotta della Sibilla, dovevano anche collocarvi il tempio del nume oracolare, e presumere di riconoscerlo nell’edificio che si affaccia imponente sulle acque immote del Lago. Si tratta invece degli avanzi di un grandioso edificio termale che dov’è sorgere in prossimità di una sorgente di acque termo - minerali; dopo che, terminato il tumulto della guerra civile, disarmato il cantiere militare di Averno e trasferita la base navale della flotta del Tirreno al porto di Miseno, tolto il pauroso incantesimo che aveva regnato in quei luoghi sacri al culto delle divinità infernali, il lago d’averno aveva visto improvvisamente animarsi le sue ripe silenziose di ville e di terme, più frequenti e grandiose nel settore della ripa orientale, dove prima che scaturisse dal grembo della terra il cratere di Monte Nuovo, sembra che fosse il centro più attivo delle sorgenti termo - minerali della regione. L’edificio termale a cui appartiene il " Tempio di Apollo", era il più importante di tutta la zona compresa fra l’Averno e il Lucrino, e dov’è essere costruito per utilizzare sorgenti e fumarole che scaturivano in gran numero sulla ripa del lago; quel che ne avanza dopo la violenta esplosione del cratere del Monte Nuovo, lungo la sponda d’Averno e sulle pendici della collina, appare ancora come un grandioso complesso degno di essere considerato fra i più importanti stabilimenti termo - minerali dell’antichità. Quel che ne costituisce ora la parte più imponente e più comunemente nota, poligonale ( ottagona) all’esterno, circolare all’interno, che per le sue dimensioni, per la sua pianta e per le sue strutture, va considerata fra le più imponenti costruzioni circolari con volta a cupola dell’architettura romana; il suo diametro di 37 - 38 metri è solo di 5 metri inferiore a quello del Pantheon; la volta a cupola è interamente crollata, ma è ancora riconoscibile, non ostante l’estrema erosione e l’interramento, la sua particolare conformazione architettonica. Al piano inferiore si distinguono quattro nicchie absidate semicircolari e quattro nicchie rettangolari, una delle quali sembra fosse aperta verso il lago; alo piano superiore si apriva come al "Tempio di Venere" a Baia, una serie di grandi finestroni arcuati ( due dei quali ancora intatti), e ricorreva tutt’intorno dal lato esterno ed interno un ripiano, a forma di loggia, alla quale si doveva accedere discendendo dai piani più alti della Terma. Tale particolare dispositivo che permetteva ai frequentatori della Terma di riguardare dall’alto, come da un belvedere, il panorama del lago e l’interno della sala invasa dalle stesse acque del lago o delle vicine sorgenti, ricorda quello dei ninfei marittimi e particolarmente quello di Baia, noto sotto il nome di "Tempio di Venere". Si può supporre anche che, tutta questa immensa sala fosse una grande piscina d’immersione di acque termo-minerali, scomparse in seguito per bradisismo. Alle spalle della sala, gira un corridoio semicircolare, il cui muro volto verso il monte, appare tutto perforato da grandi buchi, attraverso i quali doveva forse penetrare il calore delle fumarole. La costruzione appare chiaramente di due epoche; tutta la grande sala con i muri rivestiti di laterizio, presenta i caratteri della costruzione dell’età adrianèa o postradrianèa; il muro del corridoio in reticolato e ricorsi di mattoni, può risalire invece ad età anteriore. Gli ambienti seminterrati che seguono a nord costituiscono un edificio termale più antico (probabilmente d’età claudia), in cui venne ad inserirsi particolarmente la grande sala a cupola. Tra quegli ambienti si osserva un’altra piccola sala rotonda con volta a cupola (di m.7,80 di diametro), che doveva anch’essa raccogliere l’acqua di una sorgente termale o una sorgente di vapore caldo (fumarola) per bagni di sudore (laconicum). Il bradisismo ha qui, come altrove, abbassato il livello del terreno e interrato le sorgenti; ma l’uso di acque medicamentose pare sia durato fino al secolo XVIII. Ma né le vaste opere navali e militari di Agrippa, né i grandiosi impianti termali, né la violenza stessa delle convulsioni telluriche e la conflagrazione dei vulcani, hanno potuto togliere a questi luoghi il profondo senso che suscitano di religioso mistero e di sacro terrore. Percorrendo in solitudine le ripe di questo lago che nessun azzurro di cielo riesce a rischiarire, nessuna brezza di vento a increspare, che nessun volo e nessun grido di uccello attraversa, e dove le ombre dei colli e delle nuvole aprono cupezze tenebrose, sembra di essere in quel silenzio freddo e lontano da ogni vita, quasi avvolti nell’atmosfera cosmica di un mondo astrale o sublunare, e di dover riudire ancora, nel silenzio delle acque immote, delle ripe e dei colli all’intorno, il sacro comandamento che Virgilio fa profferire alla Sibilla, alle prime luci dell’alba, fra l’ululato dei cani, il convulso scuotersi delle selve e il cupo muggito dsella terra (Verg., Aen. , VI, 258-9) : ….. "procul o procul este profani" conclamat vates, "totoque absistide luco" . E’ scomparso da questo luogo il terrore delle divinità infernali; ma nella voce imperiosa della Sibilla sembra di udire la commossa ansia del poeta che sentì, su queste ripe, il tremendo arcano della terra e dell’invisibile."

da Amedeo Maiuri: I Campi Flegrei (dal sepolcro di Virgilio all’antro di Cuma). Roma, MCMLXIII.

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