“Non la noto certamente nella fitta folla che s’immerge nella metro , così ordinata e così eterogenea nel suo ammassarsi al marciapiede di Duomo, ma quando ci si assiepa all’interno del vagone alla chiusura dei portelli. Con eleganza e velocità si toglie lo scialle che le avvinghia la testa e, con la stessa mano, gli occhiali che indossa, portando lo sguardo in alto a destra , a cercare il maniglione giallo ed ad afferrarlo con l’altra. Lo sguardo rivolto al linoleum consunto del pavimento , a far compagnia al mio, tanto per studiare ulteriormente i contorni delle nostre scarpe. Poi, un'altra sua occhiata in alto , alla mano agganciata, e nella frazione di un mezzo respiro, i nostri sguardi s’incontrano, a trenta centimetri di distanza, per riposizionarsi immediatamente altrove. Il suo viso , incorniciato dai folti capelli, mi rimanda a certi caratteri rinascimentali, rimembranze di antichi studi di storia dell’arte. Semplice, cordiale, nobile. Ma sono i suoi occhi , o meglio il suo sguardo, a catalizzare la mia attenzione. Uno sguardo intenso , profondo, custode di chissà quali segreti , di chissà quale vita. Tutto questo meditare mentre sto passando dalla contemplazione dal mio piede alla punta dello stivale americano del vicino, ed in quell’istante che la frenata brusca per Montenapoleone mi coglie impreparato. A tal punto da non assorbire lo spostamento delle circa venti persone che mi stanno dietro, sbalzandomi inesorabilmente in avanti. Mi ritrovo immerso nel bavero del suo cappotto e, a contatto della sua gola , respiro, mio malgrado, il suo profumo. Riapro immediatamente gli occhi ritraendomi subito, la sua mano mi ha arpionato una spalla, e ci si incrocia di nuovo con gli sguardi. I suoi occhi si dilatano, e non solo, la sua bocca si allarga ad un sorriso quando, con eleganza e movimento rapido, la vedo scendere, sospinta dalle altre persone in uscita. Voglio dire qualcosa, ma “qualcosa” è la sola parola che mi viene in mente, e non è decisamente la migliore, in quel frangente. Mi maledico per la mia goffaggine e mentre lo sto facendo scorgo , per terra, i suoi occhiali. A fatica li raccolgo mentre un folto gruppo di persone mi ricaccia sull’altro lato. Alzo gli occhiali a mo di trofeo e mi fiondo sui portelloni a vetri che si stan chiudendo, tra le imprecazioni di un rapper con il cappello al rovescio ed una ragazza con un piercing al naso, ma è troppo tardi,siamo partiti e ci stiamo infilando ormai nello scura galleria della metro. Ho solo il tempo di vederla ferma, sul marciapiede di Montenapoleone, le braccia lungo i fianchi, lo scialle nella mano destra, rivolgermi lo sguardo. Il rapper e la ragazza, cuffiette e musica in testa, mi stanno guardando, hanno delle strane scarpe, grandi per i loro piedi, ma io sto pensando alla quella donna, ai suoi occhi, al suo sguardo, ma ,soprattutto, a quanto sono riuscito a leggere sulle sue labbra.”
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celeste,
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Lino
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