419
Marco vede questa grande kermesse che è la vita di tutti i giorni come un grande circo. Del resto, lo spettacolo circense pensato come allegoria dell’umanità ha radici profonde. La maschera, il pagliaccio, la finzione, la commedia hanno caratterizzato l’iconografia di molti maestri del passato, da Ensor a Roualt. In questa importante tradizione Pariani sembra voler inserire il suo personale sguardo sul circo mediatico, televisivo – ma anche su quello dell’umanità varia che incontriamo ogni giorno sul tram, sul treno, per la strada – in cui egli vive, nell’Italia degli anni duemila. Il suo è un universo onirico, surreale, amaro, venato di malinconia, raccontato in uno stile che fa delle pennellate rabbiose, dei colori aggressivi, di un senso compositivo che cerca l’instabilità, la vertigine, i propri punti di forza. Pariani guarda il mondo e i suoi dettagli – un paio di scarpe, un mobile, un abito, un volto – e li ritrae, disarmato e al contempo affascinato da tanta mediocrità, da tante finte certezze. Sono oggetti che conosciamo benissimo, che appartengono alla nostra vita di tutti i giorni, ma che, se osservati dalla giusta prospettiva, possono ancora sorprendere. La tavolozza dai forti contrasti, lo stile inconfondibile, il linguaggio in biblico tra pop art, espressionismo e street art rendono la ricerca di Marco Pariani personale e interessante, ricca di spunti di riflessione per chi abbia voglia di fermarsi un attimo a considerare le sorti della società contemporanea, a partire dalla propria dimensione personale, perché in questa indagine condotta con lucida ironia non si salva proprio nessuno.
Testo di Simona Bartolena.
Commenti 1
Inserisci commento