Pugile- Ballerino
In questa nostra era definita post- moderna, caratterizzata da una frammentazione dell’identità e da un’immagine frammentata del mondo e dell’uomo confezionata dai mass-media, si colloca un nuovo tabù: sottile, vago, aeriforme, eppure onnicomprensivo ed invasivo alla nostra capacità di assimilazione vera e profonda di noi stessi e del mondo. Quello cioè dell’incapacità di includere nell'immagine di se stessi, degli altri e del mondo le molteplici dimensioni dell’esistenza, che trascendano quindi un modo di sentire per sensazioni, di superficie e di forte intensità allo stesso tempo, di spettacolarità momentanea. L’immagine di noi stessi, degli altri e del mondo preferiamo sia neutra, opaca, “di plastica”, sfuggevole e del tempo presente, che non lasci traccia dentro di noi e che non rimandi ad un passato di cui siamo fatti o ad un futuro a cui tendere. Il rifiuto a valori universali di verità, moralità e giustizia e il compiacimento di quel rifiuto, produce quindi una frammentarietà, che tuttavia non deve far riflettere, turbare o disturbare; semmai deve distrarre, deresponsabilizzare. Il che ha del paradossale, considerato che la nostra epoca vive di sofisticate e inesorabili pubbliche relazioni. Per denunciare questo tabù, ho scelto “Pugile - Ballerino”, un quadro su tela di cm 60 x 50, il cui protagonista esibisce senza timore, attraverso l’uso di forti contrasti cromatici, tutta l’ambivalenza e la contrapposizione di elementi che gli appartengono e che sono tra loro divergenti. Ecco la frammentarietà dell’uomo moderno ma anche l’intento, il desiderio, come artista figurativo, di includere in quella frammentarietà identitaria, un’ambivalenza di sentimenti e connotati che appartiene alla natura umana e che se mostrata credo possa restituire al soggetto la vita. Il Pugile è un lottatore, è un uomo della strada dal volto segnato, eppure, al posto del guantone, ha infilato nel braccio uno stivale da donna dal tacco alto e con delle tracce dorate; ecco perché l’ho chiamato anche Ballerino. E’ un uomo che balla sul palcoscenico della sua vita, un uomo che è stato colto in flagrante dal cono di luce densa giallo-arancione, o che ha deciso lui stesso di mostrarsi per uscire allo scoperto alla gran recita del mondo e lanciare un appello alla sincerità e al coraggio di rischiare, restituendo a se stesso una precisa identità, che tenga conto anche della relazione tra chi guarda (l’artista), chi è guardato (il soggetto ritratto) e lo sguardo futuro del pubblico.
Questa opera parla di me e della mia ricerca artistica: il mio intento è quello di scandagliare l’interiorità dell’essere umano, i suoi aspetti anche meno attraenti e contraddittori. Non sono interessata alla ricerca di un’estetica fine a se stessa, nel nome di un decorativismo con i suoi canoni e regole che cambiano di epoca in epoca. Amo la franchezza e per mezzo della pittura mi esercito a metterla in pratica e a farne la mia bandiera. L’onestà, tuttavia, mette in luce anche le irregolarità, le spigolosità, le asprezze, le fragilità, le ombre proprie e del mondo e allora la magia, in pittura come nella vita, è riuscire a fondere gli opposti: la leggerezza nella pesantezza, la superficie nella profondità.
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