"Dionisio" (parte del corpo di lavoro ispirato ai marmi di Elgin custoditi nel British Museum).
La mia arte si esprime attraverso un codice mobile che è marchio autografo ma, soprattutto, schema linguistico tra estetica e contenuto. Le opere sono puzzle pittorici che propongono molteplici composizioni, liberamente costruibili o decostruibili. In pratica, girando i singoli parallelepipedi su una griglia si completa un’immagine o si mescolano assieme immagini diverse. Si crea un’interazione gestuale con il fruitore che potrà cambiare l’ordine sequenziale e, soprattutto, entrare nel principio dinamico del pensiero originario, completando un’opera che chiede azioni manuali, contatto tattile, immaginazione attiva, orientamento della fantasia visionaria. Si recupera la necessaria tensione “leggera” che riporta l’arte nel cerchio del dialogo, nel meccanismo cinetico dell’opera viva, nella dimensione comunicativa che solo la pittura ricrea: un codice mobile che reinventa il mondo sulle radici forti del mondo stesso, cementando così le fondamenta della memoria, stabilendo così la curva del presente lungo la linea del tempo orizzontale.
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Per anni, la Grecia ha chiesto invano la restituzione dei marmi, sostenendo la tesi che le sculture fossero state esportate con l’inganno e che queste rappresentassero una parte del simbolo nazionale del Paese.
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