Pittura, Astratto informale, Tecnica mista, 100x120cm
Segni che tracciano lo spazio come solchi impressi nella tela, traiettorie che si diramano oltre il tempo e il luogo alla ricerca delle origini. Un percorso tra luce e ombra, in cui il segno diviene strumento d'indagine convulsiva. Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato ma, a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento, si disperde e si raccoglie, viene e va. Il principio eracliteo del πávτa ƥεĩ (tutto scorre) costituisce un raffronto particolarmente appropriato per una ricerca che, come quella di Sonia Riccio, sembra trarre alimento primario dalla profonda immersione nella fenomenologia di un reale esperito come campo di forze in perpetuo disequilibrio e consequenziale divenire. Una modalità che, se per un verso dimostra sorprendenti congruenze con i presupposti concettuali e gli esiti formali del Barocco, dall'altro persegue una stringatezza assai distante dall'immaginario connesso a tale epoca e maniera. la superficie del quadro appare infatti concepita alla stregua di un palcoscenico (un'arena, avrebbe scritto Harold Rosemberg) ove il flusso continuo della natura si manifesta tradotto, in virtù del filtraggio compiuto dell'apparato psico-fosico dell'artista, nell'organicismo di circumvoluzioni pittoriche dall'andamento tutt'altro che estraneo alla tradizione Barocca, ma il poverismo cromatico (prettamente il nero, che è un non colore), approdo finale di un complesso lavorio di riduzione che ha richiesto anni, parla un linguaggio di tutt'altro segno. Sembra testimoniare un' impostazione etica, di cui si fa riflesso la configurazione estetica che, in tempi di crisi economica, ma anche di incipiente esaurimento delle risorse naturali, si dimostra quanto mai felice, preconizzando un paradigma sociale ove la sobrietà, in quanto ricetta per una più generalizzata vivibilità ed occasione per una riscoperta dell'autenticità del quotidiano, assurga a principio cardine. Il tutto si fonda, a ben vedere, su di una struttura marcatamente bipolare: nero su nero ma anche piano e volume, opaco e brillante, uniforme e variabile. Un rapporto dialettico risiede alla base del tentativo stesso di visualizzare il transeunte, autentico esito dell'intero procedimento della Riccio. Un'impresa che, nella sua volontà di bloccare ciò che non esiste se non nel tempo, di congelare l'attimo, ma senza che venga obliterato il prima e il dopo, possiede il fascino e la complessità dell'aporia. D'altronde la negazione, ci insegna Hegel, è la molla della vita.
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celeste,
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