Core
Altre opere
A Ruota Libera (Senza Meta)
Sul viaggio. Il progetto è una meta da raggiungere, senza progetto non esiste meta alcuna: ma rimane il viaggio. Dove condurrà questo viaggio senza meta permane un mistero sino alla fine del viaggio stesso. A volte si passa per mercatini e mercanti, ferrivecchi, svuota cantine, ruderi di campagna e industrie dismesse. Altre volte sono gli amici a portarli a me. Comunque è sempre il caso, nell’ordine cronologico che decide lui, a fare incontrare me con gli attrezzi del passato e gli stessi tra loro, che chiedono ancora un poco di attenzione. Una nuova occasione. Alcuni convincenti e apparentemente meritevoli, altri meno, altri per niente e lì per lì non sempre so bene perché. Comunque compio una scelta, giusta o sbagliata che sia, questa è la prima parte del viaggio, e porto a casa chili, pardòn, quintali di ferro ossidato. Ferri arrugginiti.
PARTE SECONDA
Sul rispetto per gli attrezzi. Gli oggetti antichi che mi giungono, siano essi utensili o parti meccaniche, ossidati dal tempo e consumati dall’usura, portano con sé la nobiltà dei lavori svolti. Fieri ancora esprimono la loro funzione d’uso: il vecchio martello ancora può martellare e la zappa zappare, le pinze, magari con un poco di lubrificante, pinzare. Incommensurabile la somma delle ore lavoro che questi utensili hanno servito e quanto sudore negli anni i loro proprietari hanno versato faticando. Ogni pezzo ha il suo portato di storia antropologica che va preservato. Ecco perché non saldo né imbullono i pezzi gli uni con gli altri, ecco perché non può esistere progetto alcuno nel mio lavoro. Saldare impone agli strumenti posizioni innaturali e li priva irrimediabilmente della loro funzione d’uso. Non riuscirei a farlo neanche sotto minaccia, troppo è il rispetto che provo per i nostri nonni ed i loro preziosi utensili forgiati a mano. Pezzi sempre unici e irripetibili. Il risultato è sempre un compiuto che risulta solo ed esclusivamente dalla disponibilità dei singoli attrezzi a combinarsi tra loro per incastro o equilibrio.
TERZA PARTE
Sul Wabi-Sabi. La filosofia estetica Wabi-Sabi nasce e si sviluppa nel Giappone antico legata alla cerimonia del the e pervasa dal Buddismo Zen ma diviene presto universalmente riconosciuta. Gli oggetti Wabi-Sabi sono intenzionalmente imperfetti o rammendati, ruvidi, avvizziti, crepati, slabbrati o ossidati. Essi con umiltà ostentano l’usura, gli effetti degli eventi atmosferici così come i danni di un uso improprio, mettendo in evidenza ed esaltando la temporaneità di tutte le cose. Tutto si evolve dal nulla e al nulla prima o poi torna. Anche le cose più monumentali, dure e durevoli finiscono nel nulla, anche i pianeti e le stelle. In definitiva il Wabi Sabi è agli antipodi dell’ideale di bellezza della moderna estetica occidentale, così come del consumismo che vuole gettato al più presto l’usato per possedere sempre un nuovo, che ovviamente qualcuno avrà interesse a venderti.
QUARTA PARTE
Sulle coincidenze. Nel caos imprevedibile degli eventi della vita alcuni di questi eventi poco o tanto ci sorprendono: le chiamiamo coincidenze. Alcune le riteniamo irrilevanti variabili del caso e le dimentichiamo subito, altre invece hanno il potere di cambiarci la vita e le ricordiamo e le riconosciamo per la vita intera. Chi addebita tutto al caso, chi invece vi legge messaggi da universi paralleli, ma tutti restiamo sgomenti per l’immensa forza che modella il nostro destino del tutto fuori dal personale controllo razionale. Un autentico mistero e dunque affascinante come tutti i misteri, artisticamente non potevo non indagare. Il mio lavoro è fare attenzione alle coincidenze, anche cronologiche, grazie alle quali gli attrezzi acconsentono ad un assemblaggio per incastro o equilibrio. Queste coincidenze se non la mia vita hanno certamente cambiato il mio lavoro artistico: da quel dì artisticamente ho smesso di fare il creatore, da quel dì faccio solo il medium di coincidenze e mi diverto un sacco, come un bambino.
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