Essere o avere

Essere o avere

Pittura, Politico/Sociale, Tecnica mista, 100x100x4cm
Nell’arte in generale, e a maggior ragione in quella di ispirazione espressionista, l’uomo può essere presente o direttamente nel soggetto, come raffigurazione di individui, gruppi e contesti sociali, o implicitamente nel modo di trattarlo, come emanazione dello spirito dell’artista che si concretizza in forme e colori. In questa serie di opere, Vincenza Benedetto parla dell’umanità in entrambi i versanti. La cosa appare, di primo acchito, inesatta. Se infatti è comprensibile che, fedele al suo credo (o al suo essere), l’autrice riveli in questi dipinti i suoi pensieri, le sue emozioni, i suoi sentimenti, ma anche la sua poetica, il suo stile, la sua capacità, insomma la sua intima qualità di persona e di artista, meno immediato è percepire nel tema, i “panni stesi”, l’essere umano. Eppure c’è, eccome se c’è. In quelle nature morte attaccate a un filo, come appesa a un filo è, si sa, la nostra esistenza, affiora l’umanità che vive o subisce la quotidianità, che si espone alle intemperie o si crogiola al sole, c’è ciò che siamo e ciò che facciamo. In quei resti tessili della giornata, che spuntano dagli edifici che li accolgono armonicamente nelle case di ringhiera o che li evidenziano per contrasto nei palazzi signorili, in Italia e altrove, c’è l’emergenza e la normalità di oggi, c’è la donna regina della casa, lo studente in trasferta, il single inesperto, la vecchina sola, il manager affaccendato, il disoccupato indebitato e, perché no, l’artista sperimentatore, il separato depresso e la zitella maliziosa, il lattante sbrodolone, la bambina coccolata e l’adolescente modaiolo, lo sportivo in salute e l’infermo con la badante, il metalmeccanico inzaccherato e il bottegaio ciarliero, l’infermiera disinfettata e l’impiegato azzimato, il militare in permesso e quello in congedo, l’avvocato di grido e il professionista con la colf, il pensionato con la lavatrice rotta e l’intellettuale che non la sa usare, i conviventi madre/figlio e quelli more uxorio, la famiglia numerosa e la coppia senza eredi, l’immigrato clandestino e quello integrato, il maniaco delle pulizie e persino (per via dello stendibiancheria sempre vuoto) l’abbonato alle lavanderie automatiche, ci sono gli uomini e le donne della porta accanto, insomma c’è l’individuo, ci siamo noi, il nostro modo di vivere e di pensare, le nostre scelte, le nostre preferenze o fissazioni, la nostra (e l’altrui) cultura, il nostro tempo, anzi il nostro tempo libero, quello in cui magari, per mancanza proprio di tempo, facciamo il bucato.
Tutto questo ci mostra Vincenza Benedetto attraverso quei panni dispiegati o svolazzanti in cui o con cui abbiamo trascorso un pezzetto della nostra vita, e ce lo mostra inevitabilmente e fortunatamente a modo suo, rielaborando il dato senza annullarlo, trasfigurando il punto di partenza, ciò che gli occhi hanno visto, in un’immagine meditata e vissuta, con le forme e i colori dell’anima che traducono le forme e i colori della realtà senza travisarne, anzi arricchendone, il senso autentico. Con le pennellate strutturanti, la disposizione mai caotica delle campiture e le cromie schiette che sono la sua cifra tecnica, nel contempo ribadendo e rafforzando il dialogo con lo spettatore che è la vera forza dell’arte vera, l’artista ci offre il complemento del suo precedente ciclo: dopo i “frammenti di terra e cielo”, ecco quello dei “frammenti di umanità”.

In Art, in general, and mostly in Expressionism, man can explicitly be represented in the subject, as individual, groups or social contexts, or, implicitly, as shapes and colours emanated by the spirit of the artist. In this series of works, Vincenza Benedetto speaks about mankind in both ways. The thing seems to be, at first, incorrect. If it is clear that the author, faithful to her own creed (and her identity), reveals her thoughts, emotions, feelings, poetics, style, her deep quality as a person and artist in her paintings, the perception of mankind in the washing lines, is less immediate. And yet there’s one, yes, there is. In those still-lifes hanging on a clothesline as our lives, man and women who live or suffer the daily routine, who face the elements or wallow in the sun, are visible; in all that, there is who we are and what we do everyday. In those textile relics of the day that harmoniously appear from modest houses of “ringhiera” or contrast with noble buildings, there is the urgency and normality of nowadays, there is the queen-woman of the house, the off site student, the inexpert single, the lonely old woman, the busy manager, the indebted unemployed, and, why not, the experimental artist, the depressed separated man and the malicious old maid, the messy infant, the coddled girl and the trendy teenager, the healthy sportsman and the invalid with his in-home nurse, the dirty metalworker and the chatty shopkeeper, the clean nurse and the dressed up employee, the soldier on leave and that retired, the big-shot lawyer and the professional with the maid, the retired man with the broken washing machine and the intellectual who can’t use it, the mother and son living together and those more uxorio, the big family and the couple without heirs, the illegal and legal immigrant, the maniac for cleaning and even the laundromats subcriber (as his clothes rack is always empty); there are next-door men and women, therefore the individual, that’s us, our lifestyle and way of thinking, our choices, our preferences or delusions, our and other people’s culture, our time, or, better, our free time, when, for lack of time, we do our laundry.
This is what Vincenza Benedetto shows us, through unfolded and flying clothes where we have spent a piece of our life; and fortunately she shows us her point of view, re-elaborating the data without cancelling it, transfiguring the starting point, what the eyes have seen, in a meditated and experienced image, with the shapes and colours of the soul that translates the shapes and colours of reality without misinterpreting, actually enriching, its authentic sense. With her organized brush strokes and background (which is never chaotic), her pure colours that made up her style, restating and reinforcing the dialogue with the audience who is the true strenght of true art, the artist concludes his previous cycle: after “Fragments of Earth and Sky”, here’s that of “Fragments of Mankind”.

Piace a 2

Commenti 0

Inserisci commento

E' necessario effettuare il login o iscriversi per inserire il commento Login