almostMonocromoChartaRemPhase1_scratchedphotography

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MONOCROMI CHARTA


Estremizzare al limite massimo consentito l’informale fotografico cosiddetto “materico”;
la fotografia viene talmente graffiata più e più volte fino all’esaurimento quasi totale se non proprio totale della cromatura (fotografica appunto) superiore esistente.
La fotografia soprastante svanisce un po’per volta fino alla sparizione completa lasciando dietro a se ,non un vuoto ,quindi una sorta di spazialismo,ma il supporto nudo e crudo come e’stato creato,che in questo caso non e’altro che la carta,o meglio CHARTA,dalla lingua latina, fondamento della nostra lingua italiana. Infatti fondamento e’il supporto vero e proprio senza il quale la fotografia non sarebbe potuta essere visibile ,che così denudato, assume il ruolo che gli compete ,diventa protagonista lui stesso,accompagnato da una matericita’ totalmente invasiva e visibile data appunto dalla carta graffiata. Esso assume l’importanza che gli spetta, diviene come e’ sempre stato , indispensabile. Non si tratta neppure di un azzeramento ,bensì di una liberazione da un peso che stava sempre di più diventando opprimente. Non il primo grado di visibilità ma il secondo; non il protagonista(in apparenza) ma la spalla; non l’attore bensì il regista, non l’infinito ma il finito, un muro che ci si staglia di fronte, pieno di vita e di residui (anche fotografici) storici,memorie di un passato che riaffiora, che si fa compartecipe di un presente forse un po’smemorato; non un concetto ma la dura realtà. La graffiatura e quindi la cancellazione della cromatura fotografica può assumere diversi livelli di penetrabilità e di completezza,per dar luogo così ad infinite varianti ,ad infiniti stadi concettuali,per permettere ad ognuno di noi di fermarsi o forse soffermarsi ,anche se solo temporalmente, su diversi livelli di comprensibilità non solo di noi stessi ma pure degli altri.


Silvio Balestra © Copyright

INFORMALE FOTOGRAFICO MATERICO

Inizialmente un dato di fatto: un monocromo fotografico di profondità inaudita,completamente nero,buio quanto un cielo notturno in assenza di stelle,pauroso quanto un buco nero all’interno di una galassia,infinito quanto un pozzo senza fondo,avvolgente e penetrante quanto la notte in un luogo desertico senza alcun tipo di riferimento, misterioso come qualunque cosa che non lascia trasparire alcunché ,totalmente asettico, incontaminato perlomeno in apparenza, ma concreto e fisico quasi da non poter fare a meno di toccarlo,sentirlo,palparlo,con la speranza molto vana di riuscire a perimetrarlo, formalizzarlo, visualizzarlo. Che fare quando ci si pone di fronte ad uno spazio (artistico) di tale spessore,un’arma a doppio taglio,di difficile comprensione ma di infinite possibilità evocative. Successivamente l’idea, materializzatasi nell’approccio più spontaneo che ci sia,come in uno stato di totale incoscienza per riapprodare alla materialità dei cinque sensi, urge un confronto duro e repentino, una sorta di dolore, di incipit, che dopo esser stato inflitto comporta un ridimensionamento dallo stato spirituale ad uno stato più banalmente materiale ovvero una sorta di rientro nei propri ranghi,un ritorno alla normalità della propria esistenza.
E cosa meglio di un graffio, un segno, un taglio potrebbe assumersi un tale compito.
Una volta ritornati con i piedi a terra,con gli occhi sbarrati, pronti a percepire qualunque tipologia di essenza vitale ci si accorge che più che aver inferto un dolore, uno sfregio a questo immenso mare magnum oscuro, si viene trasportati in un mondo diverso, parallelo dove si assume il ruolo di un archeologo che togliendo, scavando, pulendo scopre essenzialità di un passato che non ha mai smesso di convivere con noi oppure di uno scultore che togliendo delle parti ne assapora il tutto, ancora nascosto ma pronto a riemergere,essendo già presente all’interno.
Ed ecco quindi che sfregio dopo sfregio,segno dopo segno prende vita da quel buio profondo e primordiale una luminosità tale da far impallidire a confronto fonti alternative di energia; si sta assistendo ad una creazione,non si sa di chi o che cosa ma sicuramente una manifestazione di vita ,una aggressione di vitalità, un approccio conoscitivo senza precedenti. Un semplice gesto, apparentemente banale, più volte ripetuto e assimilato nella sua sostanza, a volte accompagnato da un fratello maggiore,più forte, più alto più appariscente, più bianco, insieme e non in un vortice di dinamismo senza precedenti. Taglio dopo taglio si assapora finalmente l’idea di una coscienza,una coscienza dell’identità’che sta assumendo ciò che noi stiamo scoprendo. Talvolta il segno subisce delle modifiche, cambia, muta appunto da semplice gesto emotivo e dirompente,si addentra all’interno di un canale di estrema razionalità e complessità, si trasforma in un labirinto senza eguali dove non si riesce più a distinguere la retta via ma si può solamente ipotizzarla. la sua complessità raggiunge un livello tale da far passare in secondo piano la sua forma primordiale, ovvero il gesto puro e semplice inferto all’inizio, quindi necessita esso stesso per la sua stessa sopravvivenza di una trasformazione repentina in sinuosità di elegante e raffinata bellezza, aree intrecciate di estrema sensualità, curve addomesticate che si toccano e si attraggono,che si lasciano trasportare come se poste sull’acqua corrente, pronte a subire loro stesse improvvise mutazioni naturali. Laghi specchianti di inusitata bellezza e profondità, non fissi nella loro territorialità ma in continuo movimento che tutto assorbono e inghiottono,neri come non mai,ma pieni di luce e luminosità. Quale luce se non quella del proprio animo,del proprio io più profondo e interno,l’altro aspetto di noi stessi che non sempre riusciamo ad estrapolare dal nostro essere umani,pronto a fronteggiarsi con gli altri ma ancor prima con se stessi. Non si riesce ancora ad immaginare cosa comporterà tutto questo,quale sarà il risultato finale, quale lo scopo di tale ristrutturazione emotiva…Poi con il trascorrere del tempo si evince la superiorità di tale percorso,di tale evento. Una superiorità che solo il fluire delle varie unità temporali riuscirà a consacrare come tale.

Silvio Balestra © copyright

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