Autoritratto vasocefalo

Autoritratto vasocefalo

L'opera consiste in un corpo d'argilla cotta accoccolato su se stesso. La testa è un vasofono, convogliato un soffio al suo interno, produce uno zufolo sonoro. La figura maschile rappresenta l'autoritratto dell'artista, che ha plasmato in esso le proprie sembianze corporee, ispirandosi al Jeune Homme nu assis au bord de la mer, figure d'étude (1835) di Hippolyte Flandrin. Nell’ambito dell’arte plastica, invece, l’autore si è ispirato a una scultura marmorea attribuita a Michelangelo Buonarroti e ritenuta, a sua volta, un autoritratto: il Ragazzo accovacciato, databile al 1500 (Frey) e conservato al Museo di San Pietroburgo. Il tema e la posizione sono anche una rielaborazione del Pensatore di Rodin (1902) e della statua ellenistica in bronzo dello Spinario. Tuttavia, nonostante l’influsso di diverse opere d’arte e la confluenza di numerose iconografie, la posizione acciambellata e l'amplesso delle braccia attorno alle ginocchia con la schiena arcuata sono studiati e del tutto originali, e servono a suggerire la respirazione del modello. L'artista s’identifica nella figura vasofona e, per meglio comprendere la sua scultura, ne esperisce tutti gli aspetti, incarnandosi in essa. L’autorappresentazione (Selbstdarstellung) come vasofono è a sua volta enfatizzata dalla posa malinconica del capo appoggiato alla mano, secondo un’iconografia tipica delle figure intente nella meditazione intellettuale. Si può quindi pensare che la statua raffiguri l’atto intellettuale della creazione, che richiama anche il noto adagio di Pico della Mirandola, che sostiene che ognuno di noi debba essere plastès et fictor (plasmatore e scultore) della propria anima. Il tema universale dell’autocoscienza è qui riformato e legato all’atto scultoreo. La scultura prende vita grazie alla sua caratteristica di automa, inteso come figura antropomorfa, che è in grado di interagire col pubblico. Lo spettatore è invitato a riempire col proprio soffio il cavo della testa, riportandola alla vita e producendo il suono ancestrale dello strumento a fiato. A livello simbolico l’assenza di tratti somatici nel volto è interpretabile come un dato traumatico, è noto infatti che i bambini che hanno subito un trauma, hanno difficoltà a riconoscersi allo specchio. Tale effetto traumatico fa parte anche della struttura del corpo, che, prima della cottura, mentre ancora si trovava allo stato di terra cruda, è andato in pezzi ed è stato ricomposto. Tale gesto ricreativo rispecchia la condizione dell’artista, costretto a fare i conti con il suo trauma “da impasto”, nella sopravvivenza alla continua riplasmazione di sé. Si trova traccia di tale conflitto nelle coalescenze e nelle cicatrici di sutura dei vari frammenti che lo compongono.

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