Il posto più profondo nell'oceano...la fossa delle Marianne...!!!
Vicino all'isola di Guam, a nord delle Isole Filippine, c'è la Fossa delle Marianne, che con una profondità documentata di 11.033 metri è l'oceano più profondo. Il pozzo ha anche una lunghezza di 2 542 metri, che lo rende uno dei più grandi pozzi del pianeta.
Per avere un'idea più precisa di quanto sia profonda la fossa delle Marianne, è sufficiente notare che i suoi 11 chilometri sotto il livello del mare superano l'altitudine del Monte Everest di oltre 2mila metri, la massima elevazione sopra il livello del mare.
Il fondo marino è complesso e interessante come il terreno e le altezze della superficie terrestre. In fondo all'oceano troviamo montagne sottomarine, valli, altipiani, catene montuose e persino vulcani attivi. L'eruzione dei vulcani sottomarini è uno dei fenomeni naturali più impressionanti e interessanti da indagare.
La cordigliera marina più importante è la dorsale atlantica centrale che si estende dall'Islanda all'Atlantico meridionale formando una catena montuosa sottomarina lunga oltre 70 mila chilometri. Divide il fondo dell'oceano in due grandi bacini sottomarini con montagne alte fino a 3.000 metri.
Nelle profondità del mare, la temperatura dell'acqua è inferiore a causa della dispersione di energia solare. A 3.000 metri la luce del sole scompare completamente, quindi immagina quanto dovrebbe essere buio il pozzo delle Marianne. A tali profondità la mancanza di luce e calore, combinata con l'enorme pressione dell'acqua, rende molto difficile lo sviluppo e l'evoluzione della vita.
Tuttavia, ci sono prove che esiste e si è evoluta con successo. La maggior parte dei pesci di queste profondità non ha occhi e la densità del loro corpo è troppo bassa per sopportare la pressione esercitata dal corpo idrico che è sopra i loro corpi.
Si sono conservate per 7 milioni di anni. Le lunghe incisioni lasciate dal morso del megalodonte (Carcharocles megalodon), il più grande squalo mai esistito, sono rimaste impresse da allora nei frammenti ossei delle sue prede predilette - foche e cetacei - rinvenuti lungo la costa meridionale del Perù (nell’immagine, la ricostruzione artistica di un esemplare adulto che preda una Piscobalaena nana).
Fra le ossa fossili, scoperte nei depositi del Miocene superiore (circa 7,5 milioni di anni fa) della Formazione Pisco, ci sono parti di mandibola attribuibili a una piccola balena - Piscobalaena nana, della famiglia oggi estinta dei Cetotheriidae -, l’osso del cranio di un misticete (balena) di piccola taglia e la scapola di un pinnipede (il gruppo di mammiferi marini di cui fa parte la foca).
A realizzare la scoperta, descritta in uno studio pubblicato su Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, è stato un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Pisa, con la partecipazione dell'Università di Milano-Bicocca, quella di Camerino e dei musei di Storia naturale di Bruxelles e Lima.
“Anche se reperti relativi a Carcharocles megalodon sono già stati ritrovati in passato in molte parti del mondo, le evidenze dirette dell'ecologia di questo animale non sono abbondanti”, spiega Alberto Collareta, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra all’Università di Pisa e responsabile dello studio. “Si tratta, inoltre, delle prime segnalazioni di tracce di questo tipo provenienti dall’emisfero australe”.
Carcharocles megalodon è un enorme squalo estinto, considerato uno dei più grandi predatori mai esistiti, con esemplari di circa 16-18 metri di lunghezza e dotato di fauci capaci di mordere con una forza dieci volte maggiore di quella dell’odierno squalo bianco.
Questo temibile predatore marino è stato identificato dai paleontologi in seguito al ritrovamento dei suoi resti fossili: denti e vertebre dalle eccezionali dimensioni ritrovati all’interno di sedimenti marini miocenici e pliocenici (che si sono depositati tra i 20 e 3 milioni di anni fa) di tutto il mondo, soprattutto alle basse e medie latitudini. Lo studio fornisce per la prima volta informazioni dettagliate riguardanti le abitudini alimentari di questo animale.
Secondo i ricercatori, Carcharocles megalodon non era un predatore di grandi balene; proprio come lo squalo bianco di oggi, che attacca solo quei cetacei che sono considerevolmente più piccoli di lui.
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