“La parola soppressa, la parola repressa, la parola che erompe infrangendo ogni struttura logico-comunicativa, la parola liberata da ogni sovrastruttura, la parola ricercata da Focault come segno di autenticità, la parola che viola il silenzio, che rompe l'ostinato mutismo e travolge l'ordine del consueto che quel mutismo aveva rubricato nel segno del rassicurante consenso. Vulcani muti che improvvisamente esplodono, che eruttano non da una sola bocca, ma che parlano, urlano con tutto il corpo lasciando fluire parole da ogni varco possibile. Vulcani muti ma non spenti il cui tormento, da sempre ridotto nell'interiorità, emerge travolgendo ogni cosa. Le doglie del parlato accompagnano il corpo che si deforma, che si contorce sino a che il detto non sia significato. Il vulcano, sin lì creduto spento, manifesta se stesso e l'incredulità lascia il posto allo stupore, lo scherno al timore. Il panorama muta per sempre, la prospettiva si modifica, le ferite sanguinano. La parola, contemporaneamente, condanna e salva.”
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celeste,
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