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Le opere, nate durante il mio soggiorno a Montreal, prendono spunto da un database di centinaia di fotografie d’archivio di famiglie americane, dal dopoguerra agli anni settanta, insieme a decine di fotografie chiuse in una scatola a casa di mia nonna.
Il lavoro si è poi sviluppato in una ricerca sulla fruizione della finzione come metro di misura per il reale, giocando con gli stereotipi del sogno americano.
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