Loop è un progetto installativo che riporta alla luce, rivisitandoli in chiave contemporanea, alcuni dispositivi che furono fondamentali per la messa a punto della tecnica e del linguaggio cinematografico, come zootropi, prassinoscopi e lanterne magiche. Questi strumenti si basavano sui loop, sequenze di immagini che riproducevano azioni complete e in continuazione. I nuovi media, all’inizio, dimostrarono di avere gli stessi limiti tecnologici degli strumenti pre-cinematografici, legati ad esempio alla lentezza delle CPU o delle connessioni, tanto che la ripetizione caratterizza i primi filmati di QuickTime, i primi videogiochi e le gif animate. Il loop, in apparenza solo un limite tecnico, diventa un motore narrativo (Lev Manovich, Il Linguaggio dei Nuovi Media, 2001): le sequenze fotografiche – leggere ed essenziali – presenti in ciascuno strumento raccontano storie che, nella loro continua ed ossessiva ripetizione, sono metafore dei limiti intrinseci alla natura umana. Il tempo è ciclico e ricalca la dimensione naturale delle cose, con una visione del mondo che si stacca da quella cristiana, dove tutto è teso verso un fine. In uno spazio asettico e minimale, attraverso la pratica dell’autoritratto l’autrice fa spesso riferimento a figure della letteratura, alla storia dell’arte e ad archetipi mitologici, divenendo così altro da sé.