Due dimensioni indissolubilmente intrecciate di una cultura figurativa attenta ai messaggi simbolici, che Tommasi sembra percorrere con ritrovato entusiasmo in un percorso pittorico che lo vede affrontare nuove tecniche figurative. Non è difficile rendersi conto che, oggi, il sacro non sembra così importante come in altre epoche. Non solo e non tanto perché ad esso viene dedicato un tempo ridottissimo rispetto a quello occupato dalle preoccupazioni più "profane" (il lavoro, lo studio, il divertimento, gli aspetti economici, ecc.), quanto piuttosto perché a molti sembra che della dimensione sacra si possa fare tranquillamente a meno. C'è chi interpreta questa "eclissi del sacro" nella realtà umana affermando che non c'è più nulla di sacro, se per sacro si intende separato, trascendente, riservato, e non c'è più nulla di profano nel senso di estraneo e opposto alla salvezza. Per questi motivi, la rappresentazione «classica» sacra, nella visione dell’autore, viene ad assumere canoni terreni, sottolineando i rimandi, la complessità delle citazioni, la singolarità delle storie, in una visone quasi profana che porta ad umanizzare i soggetti, togliendo loro quell’aurea di sovrannaturale e abbassandoli al ruolo di persone. Lo si vede nella gioia della maternità, o nella sofferenza, tutta umana, della morte, o nella passione che la precede.