DIAFRAMMAZERO è la ricerca ossessiva del voler arrivare all’essenza più pura di me stessa, degli altri quindi dell’essere umano, che ha dato vita a questi scatti.
Mi piace addentrarmi nei momenti più intimi della vita delle persone (quelli che in genere vengono relegati nel proprio privato), e raccontare i sentimenti con cui la persona convive in quel preciso momento della sua vita: la solitudine, lo sconforto, la tristezza, la malinconia.
Nasce tutto in un periodo nel quale sentivo che stavo perdendo la connessione con il resto del mondo e mi ci stavo collegando nella maniera sbagliata, una maniera che non era la mia, ma una che avevo imparato ad essere, ad utilizzare per plasmarmi a quello che vivevo intorno.
Sono le sensazioni che cerco su cui baso tutte le mie fotografie. Non c’è niente di costruito negli scatti che ricerco, la persona, io in primis, di fronte alla macchina fotografica, siamo assolutamente liberi di fare quello che ci sentiamo, di muoverci liberamente. L’unica cosa che faccio in quel momento è quella di immaginare cosa possa e come possa essere un determinato movimento del corpo delle mani, del viso, dei capelli di chi ho di fronte e sto lì di fronte a renderlo tutto mio.
Tutto è racchiuso in quei pochi secondi che si trasformano nel linguaggio del corpo più puro e libero e soprattutto finalmente fisso e duraturo.
Il corpo umano racchiude le risposte a tutto quello che cerchiamo, tutto sta dentro di esso, è un trasmettitore di sensazioni che tramuta in energia discostante: sensazioni, parole e gesti, questo è il nostro modo di essere noi.
Ogni nostro movimento, ogni gesto, è unico perché ognuno ha il suo modo di fare: un proprio modo di passarsi la mano tra i capelli, di sedersi, di accavallare le gambe, di mordicchiarsi le labbra ...
diaframmazero è il momento nel quale tutto finalmente si ferma e rimane lì, in un solo scatto, con la lunga esposizione ho così la possibilità di ricreare quel pensiero che ogni tanto il nostro cervello ci porta alla mente quando pensiamo a qualcuno.
La fotografia è così un meccanismo per elaborare i ricordi che si insediano nella mia testa e per conservarli per sempre. Il lavoro è basato sulla memoria: per me è di vitale importanza avere un ricordo delle persone; con questa tecnica (quella della lunga esposizione) cerco di evocare quello che la memoria non riesce a conservare, o meglio ci riesce ma rimane solo la sensazione di quel preciso momento che mi conquista di una persona, quindi l’espressione prima di fare un determinato movimento, e ancor di più la sensazione della carne che è prettamente personale perché ognuno di noi vede le cose a modo proprio.
E' dal fascino verso l’essere umano che nascono questi scatti. Arrivare all’essenza delle persone, perché è quello che voglio, e che guardandosi nelle mie foto si riconoscano, e dicano: si questa sono io e questi sento un’attrazione profonda e non solo a livello fisico ma a livello empatico.
Le persone che vengono ritratte non sono quasi mai in ambienti esterni e si fondono spesso con lo sfondo, quasi sotto forma di ritratto. non mi sento una fotografa quando sono lì di fronte, anzi mi sento parte di quello che sto facendo, perché questa è la storia che io sto costruendo, una storia di ricordi, di sensazioni e di emozioni.
E' un lavoro sistematico, ho scelto un tema, o meglio è stato il tema a scegliermi, e sono circa due anni che ci lavoro, questo è il mio modo di ricordare perché viviamo in un periodo in cui c’è una grande ASSENZA.
Siamo in anni pieni di informazione da avere un’ASSENZA di informazione
Siamo in anni pieni di immagini da avere un’ASSENZA di immaginazione.
Siamo in anni talmente pieni di modi per salvare i nostri ricordi da avere un’ASSENZA delle sensazioni che questi ci regalano ogni giorno.
“Amare tutto quello che mi circonda, estrarne l’essenza e godermela fino ad averla esaurita completamente, tanto da arrivare ad odiarla”. .
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celeste,