“Nel fare un ritratto, tutto ciò che si ha a disposizione è la superficie: si può andare oltre la superficie solo lavorando con la superficie”. [Richard Avedon] Non so se saró mai in grado di riuscire a “lavorare” la superficie, forse proprio questa consapevolezza mi ha portato ad “aggredirla” graffiandola. A scapito della fisiognomica e della rassicurante riconduzione della realtá non visibile a schemi noti, la figura umana emerge frammentata e portata ad una trasfigurazione formale. Nessuna immagine incarna mai la “veritá” del soggetto perché questa ci è sconosciuta e con questo progetto ho tentato di non celare i “lati oscuri”, i vuoti che solitamente si tendono a riempire con l’interpretazione del ritratto. Tuttavia non celare non significa svelare e scegliere una rappresentazione equivale ad interpretare. Dietro alla superficie ne ho trovata un’altra e dopo questa ve ne sarà sempre una da lavorare; è la profondità della superficie. Le fotografie digitali sono state realizzate con la tecnica del light painting ed utilizzando come sorgente luminosa un puntatore laser. Le lunghe esposizioni e l’impiego del laser come “pennello” avvicinano la contingenza della fotografia (il ritrarre l’istante) alla pittura in cui il tempo si costruisce nell’opera. Gli unici interventi di postproduzione si sono limitati all’ottimizzazione dell’immagine e non hanno in alcun modo alterato il processo fotografico.